giovedì 27 agosto 2015

Il ritorno di Karinthy e Konrád.

Konrád György
É rara in Italia la pubblicazione di romanzieri ungheresi, viventi o scomparsi. Nelle librerie sono arrivati da poco due libri, che vale la pena di leggere.

Epepe di Karinthy Ferenc (1921-1992), tradotto da Laura Sgarioto e pubblicato da Adelphi, è un libro da incubo: quello del protagonista, Budai, che si ritrova in un paese inospitale e dal linguaggio incomprensibile, dove un temporaneo sollievo gli proviene dalla breve relazioe amorosa e linguistica con la sconosciuta Epepe.
Karinthy Ferenc, figlio del più noto Frigyes (scrittore e giornalista dall'amara vena ironica), fu anche giornalista e traduttore. Scrisse in tutto dieci romanzi. Epepe, scritto nel 1970, è l'unico finora tradotto in italiano (nel 2001 ci fu una prima edizione, tradotta da Agi Berta per le edizioni Voland)

Partenza e ritorno di Konrád György (1933), tradotto da Rényi Andrea per le edizioni Keller, è invece un libro testimonianza, quasi autobiografico, scritto nel 2001 (Elutazás és hazatérés). Di agiata famiglia borghese d'origine ebraica, negli anni prima della sconda guerra mondiale Konrád vide svanire il mito della Mitteleuropa e manifestarsi lo spettro del nazismo e dell'olocausto. In questo romanzo racconta questo passaggio tragico, intrecciando la Storia con la sua esperienza personale.
Konrád è anche un intellettuale scomodo. Dissidente negli anni del regime socialista, ritornato in patria è stato uno dei fondatori del Movimento dei liberi democratici ungheresi (SZDSZ, secondo partito nelle elezioni del 1990). Nel 2012 – in un articolo comparso anche sul New York Times, Hungary's Junk Democracy (la democrazia spazzatura dell'Ungheria) – non ha risparmiato critiche alla nuova Costituzione voluta dal governo Orban.
Con Konrád – già presidente del Pen Club e insignito del Premi Internazionale per la pace (Francoforte, 1989) – l'editoria italiana è stata più generosa, pubblicando anche altri tre romanzi: Ebrei. Il popolo universale (trad. E. Horváth e G. Volpi, Gaspari, 2013); Il perdente (trad. Bruno Ventavoli, Anabasi, 1995); Il visitatore (trad. M. Martinelli Molnar, Bompiani, 1975).

martedì 25 agosto 2015

Heller Agnés: Europa al bivio.

I migranti sono una sfida, ma la risposta dev'essere eurpea, non nazionale. L'Europa perderà la sua anima se il populismo nazionalista prevarrà sulla solidarietà. E servirebbe una Costituzione europea.
Sono in sintesi i contenuti dell'intervista rilasciata a la Repubblica (sul quotidiano di oggi) dalla filosofa ungherese Heller Agnés (86 anni).

Già ieri sullo stesso giornale era comparsa un'intervista al presidente della Commissione UE, Jean-Claude Junker, il quale lanciava un monito all'Europa: non alziamo muri contro i migranti, ma includiamoli. Con condizioni severe d'integrazione, aggiunge la Heller. La quale ricorda come, invece, gli Usa siano più capaci di accogliere gli stranieri e se ne siano avvantaggiati in economia, scienza, cultura ed eccellenze. “Chi è accolto come nemico diventa nemico. Chi è integrato diventa patriota come i nuovi americani”, sottolinea la Heller. E ammonisce: “L'avversione allo straniero non ci difenderà dagli arrivi in massa, ma ci impoverirà nell'animo”.

Un'osservazione all'intervista di Andrea Tarquini alla Heller: la filosofa ungherese viene definita intellettuale marxista, ma lei da tempo non si definisce tale (v. post del 23 e 30 settembre 2013).
Sul rapporto tra il pensiero della Heller e quello di Karl Marx si può ancora leggere una bella intervista sulla Stampa del novembre 2008.

lunedì 24 agosto 2015

Expo-HU: turismo della salute e festival dell'opera.

All'EXPO di Milano l'Ungheria presenta anche la sua industria della salute, legata in particolare alle acque curative e alle erbe. 
Un'apposita conferenza, The Health Industry (Egészségipari), si svolgerà presso il padiglione ungherese martedì 15 settembre dalle h.10 del mattino.
Il settore della salute è in espansione e anche il turismo collegato ad esso, che spesso fa oltrepassare le frontiere. Ecco perché l'Ungheria conta molto su tale settore, grazie anche a un'industria farmaceutica tra le migliori dell'area.
Alla conferenza partecipa una folta delegazione ungherese guidata da Gondons Judit, segretario di stato, con altri funzionari e tecnici del settore.
Per partecipare occore registrarsi sull'apposito sito.

Nel frattempo anche la Triennale Teatro dell'arte ospita eventi legati ai paesi presenti all'Expo.
Per presentare l'epoca postbartokiana della musica classica, all'inizio di settembre è previsto un festival dell'opera contemporanea ungherese, The Hungarian Operafest (ingresso ore 20, € 5), con la partecipazione del Teatro Ungherese dell'Opera (Magyar Állami Operaház), dell'Opera Ungherese di Cluj-Napoca (Kolozsvári Magyar Opera) e dell'Accademia di Musica (Zeneakadémia).
- 1 settembre, A kék kalap (Il cappello blu), opera comica di Lajtha László e Leonce és Lena, opera di Vajda János; tra i cantanti lirici: Kertesi Ingrid e Kolonits Klára.
- 3 settembre, Spiritiszták (Spiritisti) opera in italiano di Selmeczi György; tra gli interpreti, Cser Kristián e Pasztircsák Polina.
- 4 settembre, Lady Sarashina, opera di Eötvös Péter, esecuzione concertistica con un cast internazionale (Maurice Lenhard, Eszter Zavaros, Imai Ayame, Yoshida Makiko), direttori d'orchestra: Kovács János, Selmeczi György e Vajda Gergely.

Il 1° settembre, ancora presso la Triennale di Milano (viale Alemagna, 6, ore 18.30) sarà inaugurata la mostra roll-up Ponti, epoche, Budapest, con la partecipazione di Csorba László, direttore generale del Museo Nazionale Ungherese (Magyar Nemzeti Múzeum).

mercoledì 19 agosto 2015

La festa ungherese più sentita.

Il 16 agosto è Santo Stefano, ma gli ungheresi hanno spostato i festeggiamenti in suo onore al 20 agosto, giorno in cui le sue spoglie sono state trasferite a Buda e data che sarebbe coincidente con quella in cui sarebbe stato eletto re. Stefano I è stato il primo re del regno d'Ungheria (997-1038) e nel 1083 fu canonizzato da papa Gregorio VII (dopo il 2000, è santo anche per la chiesa ortodossa).
Così il 20 agosto in Ungheria è festa nazionale, la più sentita e condivisa.
La capitale Budapest attira un gran numero di visitatori con varie manifestazioni musicali e folcloristiche, oltre che istituzionali, compresi volo acrobatico sul Ponte delle catene e fuochi d'artificio serali.
Nella basilica di Santo Stefano, a Budapest, è conservata come reliquia la mano destra del santo sovrano. A metà Ottocento la processione della 'sacra destra' divenne molto popolare e accorrevao a Budapest magiari da tutti gli angoli del paese con i tipici costumi. Alla processione si aggiunsero li annni altri eventi (ma durante il regime socialista i festeggiamenti erano in tono minore), fino ad arrivare alla odierna febbre da shopping.
La corona di Santo Stefano (Szent Korona, non si sa se sia l'originale), simbolo dell'identità nazionale, è conservata invece presso il Parlamento ungherese.
Eventi collaterali in questa festività sono il Festival del Folclore (danze e musiche popolari) e la Sagra dei mestieri, nei pressi del Palazzo reale, con artigiani da tutta l'Ungheria.

domenica 16 agosto 2015

150 anni fa scompare il “Salvatore delle Madri”.

Ancora nell’Ottocento, la febbre puerperale decimava i reparti maternità degli ospedali europei.
Grazie alle ricerche e alle sperimentazioni del medico ungherese Semmelweiss Ignác Fülöp (in tedesco, Ignaz Philipp Semmelweis), questa terribile malattia – che spesso portava alla morte le donne dopo il parto – è stata debellata.

Già nell’Ospedale di Vienna, dove Semmelweis lavorava, la mortalità – tra il 1846 e il 1848 – scese dall’11,4% all’1,27%!
Tali benefici furono ottenuti grazie a “semplici” misure igieniche che il personale sanitario doveva adottare.
Con questi risultati, chissà quali onori e riconoscimenti furono riservati a “un personaggio di appassionata abnegazione e rigore scientifico” come il dottor Semmelweis (1818-1865)? Invece no.
Gli si rivoltarono contro i colleghi, per invidia o gelosia, e perché non accettavano di essere stati responsabili delle morti delle puerpere. E il direttore dell’ospedale non gli rinnovò il contratto (probabilmente anche perché, da austriaco, non sopportava quel collega ungherese che aveva partecipato ai moti indipendentisti del ’48). Semmelweis tornò così nella sua città natale, Budapest, dove ottenne ottimi risultati nell’ospedale di San Rocco. Ma l’ostracismo della comunità scientifica dell’epoca non cessò, e Semmelweis finì i suoi giorni in manicomio a Vienna, morendo il 13 agosto 1865 a soli 47 anni in seguito alle percosse subite.

Del caso si occupò anche lo scrittore francese Louis Ferdinand Cèline, che pubblicò la sua tesi di laurea in medicina col titolo Il dottor Semmelweis. Inoltre, lo scrittore Kurt Vonnegut nella sua autobiografia (Un uomo senza patria, Minimum fax, 2005) dedicò alla vicenda di Semmelweis alcune pagine sul destino di ogni uomo segnato da alterne fortune e sfortune.
Come hanno affermato due docenti – Paola Mastrantonio e Luigi Ravagnoli, che hanno messo in scena “Il caso Semmelweis” (tratto da una commedia teatrale di Giuseppe Sermonti, Scienziati nella tempesta) in un liceo romano – la vicenda del medico ungherese “è un affascinante e tragico esempio di una vita dedicata alla ricerca della verità scientifica in campo medico e spezzata anzitempo dall’ottusità dei clinici, che attaccarono la sua teoria, osteggiandola ferocemente e mettendo a tacere le sue pionieristiche intuizioni”.

Ci vollero quarantanni, dopo la dimostrazione della contaminazione batterica data da Pasteur (1864) e la ri-adozione delle necessarie misure igieniche (senza le quali le morti tornarono a salire), perché le scoperte di Semmelweis fossero accettate e il medico ungherese fosse riconosciuto come “il salvatore delle madri” (ungh. Az Anyák megmentöje).
Anche a Vienna fu eretto un monumento alla sua memoria: un mezzobusto, opera dello scultore Rudolf Schmidt, con nome, anni di nascita e morte e la scritta “der retter der mutter”. Dal 1969, la “Reale Università ungherese di Scienza” di Budapest (Magyar Királyi Tudományegyetem) porta il suo nome: Semmelweis Egyetem.
La riconoscenza delle madri è quella che probabilmente sarebbe stata più gradita a Semmelweis.

giovedì 6 agosto 2015

24+1 cose da sapere sull'Ungheria.

Il costo della vita in Ungheria è inferiore di molto a quello italiano (anche se l'IVA è al 27%). Arrivarci in aereo (low cost) è veloce ed economico.

Cosa occorre sapere prima di partire? 
Poche cose: l'Ungheria fa parte dell'UE ma non della zona euro (ma si può pagare in euro in diversi supermarket, inoltre ci sono molti cambia-valute convenienti), c'è il fiorino ungherese; se avete con voi la Tessera Sanitaria (con scritta “Tessera Europea”), avete diritto alle cure gratuite; la carta d'identità è sufficiente come documento di riconoscimento; i mezzi pubblici e la benzina sono economici (per noi); il fuso orario è come quello italiano; negozi e ristoranti chiudono prima che in Italia; la lingua ungherese si legge come si scrive (40 lettere, di cui solo due – gy e ty – senza corrispondenza fonetica con lettere italiane), quindi un piccolo frasario e pochi minuti di apprendimento della pronuncia possono essere molto utili (in ciò può aiutare il mio libro).

Altri hanno già scritto su cosa sapere dell'Ungheria. Riassumo due articoli.

Il primo è del giornalista Robin Marshall della CNN (2013) ed elenca 11 cose da sapere sull'Ungheria (per i dettagli, leggete l'articolo):
1. Ha il più grande lago dell'Europa centrale (il Balaton),
2. I costumi da bagno sono necessari (ci sono molte terme),
3. Gli ungheresi sono intelligenti (altissima percentuale di premi Nobel),
4. Liszt ha ancora grande rinomanza,
5. La “scappatoia(ungh. kiskapu) è un modo di vita (per cavarsela in ogni occasione),
6. Il gulash non è quello che pensate.
7. I magiari sono paprika-dipendenti.
8. Far tintinnare i bicchieri di birra è disapprovato,
9. Il Tokaji è il vino dei re e il re dei vini”,
10. I magiari vanno pazzi per lo sport (altissima percentuale di medaglie olimpiche),
11. Le tradizioni equestri sono molto vive (ussari ecc.).

Il secondo è della giornalista Claudia Leporatti di Economia.hu (2015) ed elenca 13 cose da sapere sull'Ungheria (per i dettagli, leggete l'articolo) in modo più originale e meno stereotipato di Marshall:
1. Tutto ebbe inizio… (cominciate con la visita di Szombathely),
2. Dove sono le statue? (Un parco fuori città raccoglie le staute dell'era comunista),
3. Venezia-Budapest in 40 minuti! (Ma Velence non è Venezia),
4. Il sottovalutato (visitate l'VIII distretto, Józsefváros, di Budapest),
5. Cartoni animati (VUK vs Disney),
6. Lingua (14 vocali necessitano di una pronuncia precisa a scanso di equivoci),
7. Metrò-Retrò (il più antico metro europeo),
8. Si fa fest...ival! (Ungheria, paese dei festival),
9. Sapore di sale? (non solo Balaton),
10. Brindare sì o no? Nì! (il cin-cin non è più austriaco”)
11. La più lunga (via di oltre 15 km),
12. Il più strano (museo del flipper),
13. Tredici (scaramanzia: il 17 passi, ma il 13 no).

Naturalmente, ci sarebbero tantissime altre segnalazioni da fare, per Budapest (v. post del 20 luglio 2014) e non solo: ad es. in Ungheria ci sono 10 parchi nazionali (il più grande è quello di Hortobágy, il cuore della puszta), 145 riserve naturali, 35 aree protette.
Di mio aggiungo un 25° consiglio: tutto quel che sapete sull'Ungheria dai mass media (social media compresi) non rende giustizia alla ricchezza della cultura magiara; andate a conoscere i magiari e la loro terra con i vostri occhi e le vostre orecchie!

martedì 4 agosto 2015

EXPO: musica e favole dall'Ungheria.

Attorno all'Expo 2015 di Milano si svolgono migliaia di iniziative culturali.
Ne segnalo due con l'Ungheria protagonista.

Dal 4 al 16 agosto presso il Museo dei Bambini di Milano (MUBA, via Besana, 12) c'è una mostra interattiva per sensibilizzare i bambini ai temi al centro dell'Expo.
Attraverso le favole ungheresi, i bambini possono interagire con un'installazione a forma di tavola e sperimentare la convivialità basata sul cibo.
La mostra – promossa in collaborazione con il Museo delle Favole (Mesemúzeum – Petőfi Irodalmi Múzeum, MEMU) – viene inaugurata oggi pomeriggio da Novák Katalin, del Ministero ungherese delle risorse umane, e dal Console generale, Timaffy Judit.

Atmosfere ungheresi è il tema musicale dei concerti che si terranno all'Auditorium Fondazione Cariplo (Largo Mahler), con l'orchestra sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, diretta da Francesco Maria Colombo.
Lunedì 17 agosto (h. 20.30) saranno eseguite musiche di Lehar, Liszt, Brahms, Kodaly.
Giovedì 20 (ore 20.30) e domenica 23 agosto (ore 18.00) si passa a composizioni musicali più recenti: Campogrande, Steiner, Waxman, Rozsa, Bernstein, Herrmann.

sabato 1 agosto 2015

Proverbio/detto ungherese del mese (1028).

Egy kovács nem kovács, két kovács egy kovács, trad. “un fabbro non è un fabbro, due fabbri sono un fabbro” (da notare che in ungherese il sostantivo plurale resta singolare se preceduto da un aggettivo quantitativo e che le terze persone del verbo “essere”van e vannak – si omettono nelle frasi con predicato nominale).
Tale espressione ungherese si usava scherzosamente per chiedere aiuto ai vicini di casa nel portare a termine un lavoro; il senso è che, anche se siamo maestri nella nostra professione, abbiamo spesso bisogno di una mano per fare progressi.

Questo modo di dire – che ha una versione ancor più originale (egy ács nem ács, két ács fél ács, három ács egy ács, trad. un falegname non è un falegname, due falegnami sono mezzo falegname, tre falegnami sono un falegname) – non ha un equivalente in italiano. 
Al contrario, in italiano, abbiamo consigli a non contare troppo sugli altri per un aiuto, come nel detto: “Chi per altrui mano si satolla, tardi si satolla”.

Per motivare le persone ad aiutarci in un impresa, mi sembra adatto un aforisma dello scrittore francese Antoine de Saint Exupéry (1900-1944): “Se vuoi costruire un’imbarcazione, non preoccuparti tanto di adunare uomini per raccogliere legname, preparare attrezzi, affidare incarichi e distribuire lavoro; vedi piuttosto di risvegliare in loro la nostalgia del mare e della sua sconfinata grandezza.”