giovedì 22 agosto 2013

Eszperente: gioco di parole ungherese.



A mio parere, la lingua ungherese (magyar nyelv) - il cui alfabeto è di 40 lettere - si presta bene a battute da humor inglese e a giochi di parole. Infatti, l’alto numero di vocali (14, più 2 semivocali) ha l’effetto di produrre spesso omofonia, ovvero suoni simili per parole diverse. Ciò favorisce la formazione di frasi divertenti o bizzarre.
Un tipico gioco linguistico (nyelvi játék) ungherese è l’eszperente (traducibile come si pronuncia: “esperente”). Si tratta di formare frasi ingegnose – perfino poesie o filastrocche – di senso compiuto, utilizzando come vocale solo la lettera e (sia lunga, suono chiuso, che breve, suono aperto). Di fatto, si gioca utilizzano anche altre singole vocali. Il nome deriva dall’esperanto (lingua artificiale creata a fine ‘800 per favorire il dialogo tra i popoli senza privilegiare una singola lingua).

Tale gioco di parole (szójáték) appartiene alla categoria dei lipogrammi, frase in cui una o più lettere non si utilizza e quindi non è presente nel testo.
Le caratteristiche della lingua ungherese rendono più facile questa prodezza linguistica rispetto ad altre lingue.

Per esempio, in italiano ci sono pochi casi di esperente. In Italia, tra i bambini è diffuso un gioco simile: si ripetere una filastrocca, storpiandone il suono con l’utilizzo di una sola vocale. Ad esempio “Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba...” diventa “Ghiribildi fi firiti, fi firiti id ini ghimbi, Ghiribildi chi chimindi chi chimindi i birsiglì”. Divertente, ma facile e con poca abilità.
Ecco comunque un esempio di esperente italiano (tratto da un sito ungherese), seguito dalla traduzione in ungherese:

Ester crede d’essere Venere, se Beppe è Terence.
Eszter Vénusznak hiszi magát, ha Józsi Terence-nek.

Ed eccone uno creato da me:

Se vedete tre belle stelle, bevete!
Ha három szép csillagot láttok, igyatok!

In Spagna abbiamo un esempio di esperente nella musica: il cantante hip hop Nach ha sperimentato diversi pezzi, utilizzando una sola vocale, con gli efectosvocales, visibile su Youtube.

In Ungheria, l’esperente invece è molto diffuso, sia tra i bambini che tra gli adulti, e ci sono perfino siti web ad esso dedicati. Ad esso si sono dedicati anche letterati, come il celebre poeta Petőfi Sándor (1822-1849), con Falu végén kurta kocsma (Il piccolo bar alla fine del paesello), o il poeta e politico Kölcsey Ferenc (1790-1838), con Himnusz (Inno).
Ecco un esempio di esperente ungherese (con la mia traduzione in italiano), si tratta di una canzoncina popolare:

Erdő mellett
Fenyves mellett nem kellemes letelepedem,
Mert rengeteg fenyvet kell felszeletelnem.


Nel bosco
Nella pineta non è piacevole insediarmi,
perché devo tranciare un sacco di pini.

Provateci (in italiano)! O cercate quelli ungheresi. Per la pronuncia potete scaricare la mia scheda sull’alfabeto ungherese.

martedì 13 agosto 2013

Magyarul 5: riviste in crisi?



Meno riviste istituzionali, più magazine economici?
Sembrerebbe questa la tendenza nella magiaristica italiana e nell’italianistica ungherese, più in generale nelle pubblicazioni bilingue.

Eccone una panoramica (per i riferimenti online si veda la scheda sitografia).

§    Magiaristica

La Rivista di Studi Ungheresi è l’organo di filologia ungherese del CISU, Centro Interuniversitario per gli Studi Ungheresi in Italia. Nasce nel 1987, fondata dall’allora rettore della Sapienza (Roma), Antonio Ruberti. A fine secolo si esaurisce la “spinta propulsiva” (nel 2001 viene pubblicato un volume antologico), ma rinasce subito una nuova serie grazie a Péter Sárközy. Si possono trovare tutti i numeri online, ma su un sito ungherese.
È l’unica rivista italiana di magiaristica.

La rivista Hungarologia, consultabile anche online, raccoglie invece tutti i contributi per la magiaristica prodotti dalle università ungheresi.

§    Italianistica

La rivista Corvina (1921-1955), poi Nuova Corvina,  nasce a Fiume nel 1921 per occuparsi di cultura e arte italiane; primi direttori, il fiumano Luigi Zambra e il budapestino Tiberio Gerevich. Edita dalla Società ungherese-italiana Mattia Corvino, dal 1940 ospiterà un Bollettino dell’Istituto Italiano di Cultura per l’Ungheria. Uscirà quasi ininterrottamente fino al dopoguerra. Fiume, dal 1779 al 1919, è stata la “perla dell’adriatico” dei magiari (Tengerre, magyar! “Al mare, ungherese!” era un punto programmatico del conte Széchenyi, uno dei più importanti politici del nuovo Regno d’Ungheria), il loro sbocco sul mare e il loro ponte con l’Italia.
La rivista d’italianistica rinascerà, come Nuova Corvina, con la direzione - all’Istituto Italiano di Cultura (Budapest) - di Giorgio Pressburger (dal 1998 al 2002), e continua a tutt’oggi. Purtroppo sul sito dell’IIC si trova solo il n.18 (2006); il n. 16 è sul vecchio sito, ancora visitabile.

La filologia neo-latina in Ungheria ha potuto contare anche sulla rivista Camoenae Hungaricae, di cui è disponibile online l’indice dei numeri dal 2004 al 2008.

Altre fonti di magiaristica e italianistica, rintracciabili solo in biblioteche specialistiche (qualche edizione anche nei book store online), sono gli Annuari: dell’Accademia d’Ungheria  e dell’Istituto Storico Fraknoi a Roma; dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli; dell’Accademia Ungherese delle Scienze di Budapest; dell’Università di Szeged. Nell’immediato secondo dopoguerra sorse anche una rivista trimestrale umanistica, Janus Pannonius, su iniziativa di Tiberio Kardos, nominato nel ’46 direttore dell’Accademia d’Ungheria in Roma.

§    Altre pubblicazioni

L’Osservatorio letterario, rivista bilingue di letteratura e culturale fondata nel 1997 e diretta dall’ungaro-italiana Melinda B. Tamás-Tarr, è lo strumento di studio più prezioso disponibile online per chi desidera approfondire i rapporti culturali tra Italia e Ungheria (e esercitarsi con la lingua ungherese, grazie al bilinguismo). Ci si può abbonare anche alla versione cartacea, o richiedere gli Almanacchi. Molto interessanti anche i libri pubblicati dalla collegata Edizioni O.L.F.A. di Ferrara. Tale rivista promuove anche un premio letterario internazionale, intitolato a Janus Pannonius.

I Quaderni vergeriani, disponibili solo associandosi, sono gli annuari dell’Associazione culturale italo ungherese “Pier Paolo Vergerio” del Friuli Venezia Giulia, che pubblica anche libri di studi e documenti sulla civiltà mitteleuropea, in particolare sulla realtà storico-culturale ungherese e italiana.

Italia & Italy era una rivista di informazione culturale, agevole e per di più bilingue, edita dall’IIC dal 2003 a Budapest (dove l’aveva portata - da Edimburgo - il suo fondatore , Dante Marinacci). Purtroppo ha cessato le pubblicazioni nel 2008. I numeri dal 13 al 41 si possono trovare online.

Hírlevél (notiziario) è un utile bollettino bilingue della scuola ungherese dell’Associazione Culturale italo ungherese dell’Emilia-Romagna.

Economia.hu è un interessante magazine online di economia in Ungheria (in italiano), curato dall’ITL Group, con redazione a Budapest.

Il Ponte è trimestrale bilingue della Camera di Commercio Italo-Ungheresedi Budapest.

Infine, mi pare utile segnalare la neonata rivista digitale Lingue e letterature d’Oriente e d’Occidente (LEA), diretta da Beatrice Töttössy (Università di Firenze), che “intende praticare la teoria (del patrimonio letterario)”.

-         Sitografia

FINE. Precedenti POST sull’argomento (lingua ungherese per italiani): 16 e 30 giugno, 15 e 29 luglio.

lunedì 12 agosto 2013

Ungherese in biblioteca



Il mio libro bilingue, Affida il cavolo alla capra. 1001 proverbi e detti ungheresi, è ora disponibile nelle biblioteche della provincia di Milano. Infatti, Fondazione per leggere, il circuito delle biblioteche del sud-ovest milanese, l’ha inserito nel proprio catalogo. Tramite il prestito interbibliotecario, anche i lettori di Milano e del resto della provincia lo potranno prenotare gratuitamente.
Per portarlo con sé nei propri viaggi, magari tra i magiari (gioco di parole! szójáték!), si può comunque acquistare direttamente nei principali book store online o prenotare in libreria.
Il libro è alla seconda edizione: ne sono già stati vendute oltre duecento copie, e attorno ad esso cresce l’interesse, in particolare delle associazioni italoungheresi.

Intanto l’homepage del blog si è arricchita di elenco di siti e blog (LINK segnalati): 8 associazioni italo-ungheresi (ma quella della Toscana, sul sito del Comune di Firenze, è disattivata); 5 siti di enti/istituzioni; 5 siti informativi; 1 sito della rivista italo-ungherese Osservatorio letterario (Ferrara).
In tre mesi il blog ha superato 2mila visualizzazioni, da oltre 20 Stati nel mondo: oltre a quelli segnalati nel post del 2 luglio, si sono aggiunti: Canada, Cina, Egitto, Finlandia, Gran Bretagna, Montenegro, Serbia, Spagna, Venezuela.
Spero che ciò contribuisca a diffondere la lingua magiara e a veicolare un altro messaggio: l’Unione Europea sarà multiculturale e, dunque, multilingue, o non sarà.

martedì 6 agosto 2013

Traduttori: "traditori" indispensabili.



Secondo lo scrittore e critico letterario svedese Olof Lagercrantz , per studiare un testo straniero in profondità lo si deve tradurre nella propria lingua, ma subito il compito si rivela impossibile, “ci si può avvicinare al testo, ma non si può mai raggiungerlo”.
Più prosaicamente il tedesco Carl Bertrand, che a fine ‘800 ha tradotto in tedesco la Divina Commedia, sentenziò: “Le traduzioni sono come le donne. Quando sono belle non sono fedeli, e quando sono fedeli non sono belle”.
Ancor più drastica una sentenza proverbiale che gioca sulle parole: “Traduttori: traditori”.

Per Sándor Márai il traduttore (fordító) è un ‘artista ma “è sempre anche uno scrittore mancato”. Il traduttore è spinto dalla passione e, per vivere, deve fare altri lavori, anche perché tradurre (fordítani) è difficile ma ancor più duro è trovare un editore disponibile a pubblicare l’opera tradotta.
Anche se la correlazione tra lingua e cultura non è ancora scientificamente definita, un fatto appare certo: tradurre non è un semplice lavoro di mediazione linguistica ma anche culturale (è la ragione del fallimento dei traduttori automatici).
Il fondatore della moderna linguistica, Ferdinand de Saussurre (1857-1913), ha sostenuto che è la cultura a forgiare una parola (significato e significante). Ciò pone diversi problemi alla “comunità dei traduttori”, tra cui uno di principio: se ogni lingua codifica i propri significati sulla base di una specifica esperienza culturale, tali forme proprie – idiomatiche – sono in senso stretto intraducibili.
Come fare allora per applicare – nella traduzione (fordítás) – il fondamentale principio del rispetto del vero e del bello in letteratura?
Si tratta, basandosi su una cultura fondata sul rispetto tra pari, di comprendere le intenzioni dell’opera. Qui sta il “bello e il vero” in una traduzione, non in quello che piace al traduttore o al lettore, e nemmeno all’autore. Operazione difficile, che richiede al traduttore capacità di autocritica e umiltà (l’espressione “parlare come un libro stampato” segnala che occorrerebbe liberarsi di una concezione sacerdotale di chi scrive o traduce).
Il traduttore, infine, deve rendersi trasparente, invisibile al lettore. È inevitabile però che il suo essere “mediatore culturale” eserciti un’influenza sul testo. È opportuno quindi avere un atteggiamento critico verso la traduzione, ma sarebbe anche utile conoscere il lavoro dei traduttori, oscuro ma prezioso e indispensabile (cosa sarebbe la civiltà umana senza la circolazione della cultura attraverso la traduzione dei testi?).

I più noti traduttori letterari dall’ungherese all’italiano a cavallo del 2000 sono indicati dalla ricercatrice universitaria Cinzia Franchi nel contributo “Tradurre la letteratura ungherese” sulla Rivista di Studi Ungheresi del 2008. Si tratta di docenti o ricercatori universitari - madrelingua o italiani - o linguisti professionisti (alcuni scomparsi).
Eccone i nomi: Gianpiero Cavaglià, Marinella D’Alessandro, Stefano De Bartolo, Eszter De Martin, Cinzia Franchi, Éva Gács, Alfredo Lavarini, Matteo Masini, Armando Nuzzo, Nóra Pálmai, Andrea Rényi, Zsuzsanna Rozsnyói, Krisztina Sándor, Péter Sárközy, Mariarosaria Sciglitano, Beatrice Töttössy, Bruno Ventavoli.
A questo elenco aggiungo: Paolo Santarcangeli, che ha fondato nel ’65 la Cattedra di Lingua e Letteratura Ungherese dell'Università di Torino e ha tradotto le poesie di Endre Ady; Antonio Donato Sciacovelli, che ha tradotto tra l’altro La Sorella di Sándor Márai; Laura Sgarioto che – anche con Krisztina Sándor – ha tradotto altri romanzi di Márai (La donna giusta, Truciolo, Divorzio a Buda).
Ne cito ancora altri, che hanno dato un contributo alla traduzione, o traducendo testi anche non letterari o occupandosi dei relativi problemi nei due sensi (ungherese-italiano e italiano-ungherese): Umberto Albini, Sauro Albisani, Federigo Argentieri, Paolo Agostini, Raffaele Borrelli, Edith Bruck, Carlo Camilli, Gabriella Caramore, Andrea Csillaghy, Edoarda Dala Kisfaludi, Paolo Driussi, Zsuzsanna Fábián, Nicoletta Ferroni, Alexandra Foresto, Danilo Gheno, Tomaso Kemény, Irén Kiss, Katalin Kiss, Márta Köszegi, Zsuzsanna Kovács Romano, Silvia Levi, Andrea Lóki, Maya Nagy, Giorgo Pressburger, Brian Stefen Paul, Roberto Ruspanti, Margherita Stocco, Gyózó Szabó, Tibor Szabó, András Szeghy, Melinda Tamás-Tarr Bonani, Paolo Tellina, Dag Tessore, László Tóth, Éva Törzsök, Imre Várady, Júlia Vásárhelyi, Nicoletta Vasta, Umberto Viotti.

È possibile conoscere la storia delle traduzioni italiane delle opere letterarie ungheresi, leggendo l’articolo di Péter Sárközy sulla Rivista di Studi Ungheresi del 2004.

Infine, per approfondire natura e origine della mediazione culturale (in senso ampio) tra Italia e Ungheria, segnalo gli atti di un convegno del 2002 a Udine pubblicati dall’”Associazione italoungherese Vergerio”: Hungarica varietas. Mediatori culturali tra Italia e Ungheria (Edizioni della Laguna, 2004), a cura di Adriano Papo e Gizella Németh.

lunedì 5 agosto 2013

Ungheria, “brasile” della pallanuoto.




A világ tetején, sul tetto del mondo (vlv.hu)
Pochi in Italia sanno che la squadra ungherese di pallanuoto (vízilabda) è il “brasile” della specialità. La nazionale maschile dell’Ungheria, a Barcellona 2013, si è confermata campione del mondo per la terza volta. L’ultimo oro mondiale dieci anni fa.
A completare il trionfo ungherese, il bronzo del terzo posto conquistato dalla squadra femminile.
La nazionale ungherese di pallanuoto è la squadra più titolata al mondo: 9 ori olimpici, 3 mondiali, 3 coppe del mondo, 2 europei, 2 world league.

Italia maschile solo quarta, sconfitta in semifinale dal Montenegro e nella finalina per il terzo posto dalla Croazia. Ma la squadra italiana di pallanuoto ha dato filo da torcere (anche all’Ungheria in passato) e potrà rimontare nel ranking mondiale (dov’era terza)

Anche nel calcio, l’Ungheria ha vissuto momenti splendidi, come negli anni ’50 con l’aranycsapat, la “squadra d’oro”. Molti di quei giocatori andarono poi all’estero, come Puskás al Real Madrid, lasciando un segno che dura tutt’ora: quella “scuola” è una delle radici del tiki-taka spagnolo, il calcio attualmente migliore al mondo.

venerdì 2 agosto 2013

Ulrich Beck non affida il cavolo alla capra.



Le attività online controllate dagli Usa (ilpost.it)
Proverbi e modi di dire possono ancora essere efficaci nella comunicazione, anche scritta. Lo dimostra l’articolo di Ulrich Beck (sociologo tedesco e docente di filosofia all’università di Monaco di Baviera): “I cittadini cyborg dell’impero digitale” (Repubblica, 1 agosto 2013).
Beck riflette sul “rischio della libertà” alla luce dello scandalo Prism (il programma Usa di controllo informatico globale, rivelato dall’ex tecnico CIA,  Snowden). Ritiene estremamente fragile la consapevolezza di tale rischio, e si chiede chi avrebbe interesse a informare l’opinione pubblica e motivare l’agire politico. “Il primo che verrebbe in mente sarebbe lo Stato democratico”, scrive Beck, “ma sarebbe come fare del lupo il guardiano dell’ovile (corsivo mio).
Ebbene sì, salta fuori il proverbio latino ovem lupo committere, antenato latino del detto ungherese
kecskére bízza a káposztát, “affida il cavolo alla capra”(il titolo del mio libro), che si dimostra ancora efficace.
Nell’articolo Beck prosegue evidenziando che “in tutti i sistemi politici la promessa di sicurezza è il vero e proprio nucleo della forza statale e della legittimazione statale, mentre la libertà ha sempre una posizione o un ruolo di secondo piano”. Conclude affermando che “abbiamo bisogno di un’invenzione transazionale della politica e della democrazia che dischiuda la possibilità di far rivivere e riaffermare i diritti democratici fondamentali contro il predominio del monopolio del controllo totalmente autonomizzato”.

Per approfondire la tematica del rischio, segnalo l’ultimo libro di Beck pubblicato in Italia, La società del rischio. Verso una seconda modernità (Carocci, 2013), e un libro di Gioacchino Cipriani, Il rischio nella società sociologica mondiale (Simple, 2013), che mette a confronto le tesi di Beck con quelle di Ziygmunt Bauman e Niklas Luman.

giovedì 1 agosto 2013

Proverbio/detto ungherese del mese (1004).

La mia raccolta, Affida il cavolo alla capra, si arricchisce ogni mese di un nuovo proverbio o detto ungherese. Ecco quello di agosto (1004°).
Egy undok szó nehezebb egy ütésnél, “una brutta parola è più dura di una percossa”.
Ce n’è un altro analogo, ancora più esplicito: a nyelv gonosz fegyver, “la lingua è un’arma malvagia”. Anche in italiano c’è più di un equivalente: ne ammazza più la lingua che la spada, oppure la lingua non ha osso ma rompe il dosso. Il significato è univoco: a volte, una parola può far male più di uno schiaffo, specie se si tratta di calunnia o diffamazione.

Ma torniamo al detto che ha dato il titolo alla mia raccolta (e al proverbio corrispondente: L'uomo saggio non affida il proprio giardino a una capra). Ho trovato nuovi riferimenti che lo considerano presente ancora in Italia nel 1869(!) Lo si rileva da un intervento del senatore toscano Atto Vannucci agli incontri del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. L’argomento trattato era la presenza di “inganni, falsità, malizie” nei proverbi, una lunghissima storia in cui “anche gli animali hanno una parte non piccola ... come satira e rimprovero agli uomini”. A proposito del lupo, Vannucci sottolinea che “è ridicolezza e follia porre in sua custodia la pecora” (l’originale latino è: ovem lupo committere), sarebbe come “dare al ladro la preda che agogna”. E annota tre proverbi italiani equivalenti: dar la lattuga in guardia ai paperi; dar le pere in guardia all’orso; raccomandare alla capra i cavoli. Quest’ultimo, come si vede, è identico a quello ungherese del titolo della mia raccolta; entrambi derivati dall’originale latino. In Italia è poi scomparso dall’uso (in Ungheria no), ma servirebbe ancora come consiglio agli italiani: “attenti ai conflitti d’interesse delle persone a cui state per affidare un vostro bene!”