lunedì 30 settembre 2013

Heller: scegliere di essere buoni.



Ágnes Heller
Domenica 29 settembre l’ungherese Ágnes Heller – tra i maggiori filosofi viventi – ha tenuto una lezione sul tema della “libertà di scegliere” davanti ad oltre 300 persone. Era ospite della 9° edizione del Festival della spiritualità a Torino, che ha avuto un significativo successo di pubblico grazie al numero e alla qualità degli eventi proposti.
Il tema era di quelli ostici, ma la Heller – pur non rinunciando a citazioni di filosofi come Hegel Kant, Kierkegaard, Socrate, e parlando in piedi per un’ora e mezza (in inglese, con traduttrice al fianco) – si è espressa in un linguaggio quotidiano, comprensibile da tutti col solo sforzo d’attenzione.
Provo a estrapolare il nocciolo delle sue argomentazioni filosofiche. Tutte le persone hanno la possibilità di fare una scelta esistenziale. Non tanto di scegliere tra il bene e il male, poiché risulta difficile discernere tra essi. Quanto di scegliere di essere una “persona buona”. Cioè, come diceva Socrate, di comportarsi come colui che – messo di fronte all’alternativa tra subire un’ingiustizia ed infliggerla ad altri – sceglie la prima opzione. Non è una scelta facile (il 70% delle persone, messe di fronte ad una alternativa reale, sceglie la seconda opzione). E nemmeno definitiva: il nostro cammino non potrà essere lineare e la vita a volte ci costringe a volte ad allontanarci dal nostro fine esistenziale. Ma abbiamo la possibilità di correggerci e perseverare: ciò dipende essenzialmente da noi, anche se l’ambiente esterno e il nostro prossimo ci condizionano. Tale scelta costituisce anche il perseguimento della bellezza, che – per la Heller- coincide con la “persona buona”.
Tra gli oltre quaranta libri scritti, di cui 28 pubblicati in Italia, la Heller si è occupata spesso di etica e morale. L’Italia come fonte d’ispirazione: la Firenze rinascimentale ha incarnato “il sogno di un mondo adeguato all’uomo”. Nell’ultimo libro edito in Italia, I miei occhi hanno visto (Il Margine, 2012, € 15), la Heller ripercorre in un’intervista il suo itinerario filosofico, sempre rigoroso e mai dogmatico.

Ho avuto la fortuna di essere presente alla conferenza. Al termine sono andata a salutarla, regalandole la mia raccolta di proverbi ungheresi, con una dedica: a chi mi ha insegnato che bisogna andare oltre gli schemi.
A sua volta la Heller mi ha messo una dedica su un suo vecchio libro, in parte ancora attuale: Sociologia della vita quotidiana (in ungherese A mindennapi élet). Scritto nel 1970 e pubblicato in Italia nel 1975 dagli Editori Riuniti (traduzione di A. Scarponi), è stato meritoriamente ripubblicato nel 2012 dalla casa editrice milanese Pgreco. Ma alla Heller non è sfuggita una stranezza: il nuovo editore ha pubblicato il libro dichiarando di non conoscere i soggetti cui sono dovuti i diritti d’autore (restando disponibile ad assolvere tali obblighi). Per questo lei reclamerà e mi auguro che Pgreco onori i suoi doveri.
Insomma, vispa e arzilla la Heller, nonostante gli 84 anni vissuti avventurosamente. Come? Scopritelo leggendo I miei occhi hanno visto.


- Bibliografia italiana di ÁgnesHeller (da integrare con quella pubblicata nel libro I miei occhi hanno visto)

La capra colpisce ancora... in Finlandia.




Markku Envall (da aforisticamente.com)
Kettu kanatarhan, ihminen paratiisin, teollisuus ympäristön vartijana è un aforisma del finlandese Markku Envall (1944) che significa: La volpe a custodia del pollaio, l’uomo del paradiso, l’industria dell’ambiente. Tre fulminanti metafore paradossali che, purtroppo, si rivelano amare realtà. Envall le addita ai lettori per suscitare sdegno contro tali forme di malcostume (leggasi anche “conflitto d’interessi”) e cinismo, diffuse nel mondo d’oggi.
Riappare dunque, con altre parole, il detto ungherese “Kecskére bízza a káposztát” (affida il cavolo alla capra), che dà il titolo alla mia raccolta di proverbi, e che risale al detto latino ovem lupo committere, cioè: (guardatevi dall’) affidare le pecore al lupo!
Ben riuscito anche l’ammonimento di un altro aforisma di Envall: Puhtaus ei ole vain toden sanomista. Se on myös valheen kuuntelemattomuutta, “La purezza non è solo dire la verità, ma è anche non ascoltare le bugie”.
Questi ed altri aforismi (e poesie) sono contenute in un libro bilingue di fresca pubblicazione: Poeti e aforisti in Finlandia (Edizioni del Foglio clandestino, € 14), a cura di Fabrizio Caramagna e Gilberto Gavioli, tradotto da Antonio Parente e Laura Casati. Nella recensione che ne fa Graziella Pulce su ALIAS (supplemento del manifesto, 29 settembre ’13) è definito un universo “leopardiano” fresco di creazione. In Finlandia la creazione di aforismi è diffusissima, tanto da esserci un associazione e un premio letterario ad essi dedicati, e perfino una “giornata nazionale dell’aforisma” (18 aprile).

Chi segue questo blog sa che le lingue ugro finniche, in Europa, comprendono estone, finlandese e ungherese. Lingue molto diverse ma che condividono alcune caratteristiche strutturali e un vocabolario di base (circa 200 parole): ad es. “andare” in estone si dice minna, in finlandese mennä e in ungherese menni. Il finlandese è un lingua relativamente giovane attorno a cui si è espressa l’unità nazionale. Come l’ungherese, il finlandese è una lingua “minore”, la cui diffusione va promossa per costruire “l’Unità nella diversità”. Lo sostengono la Commissione Europea e il Consiglio d’Europa nella dichiarazione congiunta del 2011. Il 26 settembre di ogni anno è la giornata europea delle lingue: per incrementare il plurilinguismo e la comprensione interculturale; per promuovere le ricche diversità linguistiche e culturali; per incoraggiare l’apprendimento delle lingue lungo tutto l’arco della vita.

venerdì 27 settembre 2013

Baranzate: lingue straniere in biblioteca.



Domenica 6 ottobre, alle ore 15, la biblioteca di Baranzate – pochi km a nord di Milano – organizza un incontro pubblico per conoscere varie lingue straniere. L’intento del direttore della biblioteca, Nicola Visalli, è di far conoscere ai cittadini interessati una lingua nei suoi vari aspetti: poesia, teatro, canzoni, vita quotidiana.
Sono invitate associazioni di albanesi, finlandesi, senegalesi, singalesi.

Sono stato invitato anch’io, per illustrare la lingua ungherese. L’unico mio titolo è di aver pubblicato una raccolta di proverbi ungheresi, tradotti in italiano (dopo l’incontro sarà possibile acquistarne una copia a prezzo scontato), oltre che quello di animare questo blog.
Sarò presente volentieri, dato che sono un ”volontario” della diffusone della lingua e della cultura magiara. Oggi, con la mole enorme di  informazioni disponibili su Internet, è possibile un’autoformazione nell’apprendimento di lingue straniere, gratis o quasi (servono almeno un dizionario e una grammatica).
Credo che sarà interessante anche il confronto con le altre lingue e le rispettive modalità di diffusione. In Italia la buona conoscenza di una lingua straniera è assai limitata e, nell’insegnamento delle lingue in scuole e università, si sta verificano l’estinzione delle lingue “minori”.

lunedì 23 settembre 2013

La filosofa ungherese Heller a Torino.



Heller Ágnes
La filosofa ungherese Ágnes Heller sarà a Torino il prossimo 29 settembre (h. 17.30, via Verdi, 8), ospite della nona edizione del Festival della spiritualità.
Torino Spiritualità, dal 25 al 29 settembre, quest’anno è dedicato al libero arbitrio. Infatti il tema di questa edizione è “Il valore della scelta”: 130 ospiti da tutto il mondo – da Giorgio Agamben a Leonardo Boff, da Don Ciotti a Tadeusz Wierzbicki – illustraranno il senso e il valore di scegliere. “Scegliere vuol dire dare forma a noi stessi. È mettere ordine nel caos dei desideri. Scegliere è sottrarsi ai condizionamenti. È sovvertire le abitudini. Scegliere, talvolta, è anche il rischio di cadere. È non smettere mai di cercare il significato dell’esistenza. Scegliere, insomma, è vivere.” si afferma nella presentazione dell’evento, che prevede oltre 100 appuntamenti.
La Heller, nata a Budapest 84 anni fa, affronterà uno dei terreni attuali più spinosi quello dell’identità. Siamo davvero la persona che abbiamo scelto di essere? Cosa limita le nostre scelte?

La Heller è nota fin dagli anni ’70 come massima esponente della Scuola di Budapest. Fece parte del “dissenso comunista”, una corrente marxista critica con la realtà dei “paesi socialisti”. Oggi resta critica col capitalismo, anche se non si professa più marxista, e continua ad essere la teorica dei “bisogni radicali”, considerati il vero terreno di scontro tra soggettività e potere. Attualmente è Professore emerito presso il dipartimento di Estetica dell’università Eötvös Loránd di Budapest e, inoltre, insegna filosofia e scienze politiche alla New School di New York.

giovedì 19 settembre 2013

L'alfabeto runico divide?




Saluti da Székesfehérvár (in runico)
La prima volta che sono andato in Ungheria, quattro anni fa a Székesfehérvár (Alba Regia per i romani, la città dove si incoronavano i re magiari), ho notato uno strano cartello stradale nei pressi di quello che indicava il nome della città. Gli amici ungheresi mi dissero che era una testimonianza dell’antico alfabeto runico ungherese (rovásirás). In pratica il nome della città è riscritto con i caratteri runici, ma da destra verso sinistra.
Mi sembrò un interessante iniziativa culturale per tenere viva la memoria storica di un popolo. Scoprii così che prima dell’anno 1000 la lingua ungherese era scritta in runico, i cui caratteri derivavano probabilmente dalle rune germaniche (a loro volta derivate dall’alfabeto etrusco), che si diffusero dall’800 nel centro e nel nord Europa. Quindi tale alfabeto ebbe vita breve: non esistono testi scritti con tali caratteri, sopravvive solo qualche iscrizione, perlopiù nella terra dei Siculi (Székelyföld), e cioè la Transilvania (Erdély per gli ungheresi), che oggi appartiene alla Romania.
Quando il fondatore del Regno d’Ungheria, Stefano I (1000-1038), cristianizzò i magiari, abolì l’alfabeto runico e introdusse quello latino; decretò anche il latino come lingua ufficiale.
Il ricordo della scrittura runica fu poi ostaggiato dalla Chiesa, dagli Asburgo, dal regime comunista. Dopo il 1989 è rinato l’interesse per tale alfabeto, a volte con un uso un po’ nostalgico e revivalista. Nel 2010 il partito di destra Jobbik ne fece anche una questione politica,  rinvendicandone l’insegnamento a scuola e il sovvenzionamento della traduzione in rune di cartelli stradali.
Le rune hanno una duplice immagine nell’opinione pubblica: l’una, respingente, legata all’uso che ne fece Hitler per la sua propaganda nazista; l’altra, attraente, connessa all’uso attuale nella letteratura fantasy, basata su miti e leggende nordiche (come nei libri di J.Tolkien).

Alfabeto runico ungherese
Quest’anno ho notato cartelli in caratteri runici anche alle porte di altre città, come Veszprém o Siófok. Trasmettono ancora il messaggio ”siamo orgogliosi della nostra diversità”, diversità che tutti i popoli europei legittimamente vogliono salvaguardare e valorizzare. Ma nell’attuale clima politico sembrano rivendicare anche una ”superiorità”, che sarebbe la negazione del rispetto delle altre diversità e della pacifica convivenza. Il rischio è di alimentare chiusure nazionalistiche, come la rivendicazione della ”grande Ungheria” (cosa diversa, e legittima, è la rivendicazione di una forte autonomia per i magiari - oltre un milione - che vivono in Transilvania, la più grande minoranza linguistitica in Europa).
Insomma una manifestazione di memoria culturale si è trasformata in una strumentalizzazione ideologica, peraltro senza fondamento storico: non esiste una letteratura ungherese scritta in runico, alfabeto di origine incerta. Scrivere oggi in runico sarebbe solo un esercizio di crittografia.
È sperabile che tali manipolazioni simboliche ad uso politico abbiano vita breve, finendo come il ”dio Po” leghista in Italia, e che l’alfabeto runico ungherese abbia il posto che merita nella storia della scrittura. La tutela della lingua ungherese ha bisogno di altre strade.


lunedì 16 settembre 2013

Italiano per ungheresi



Dopo cinque post sulle possibilità di studiare l’ungherese per gli italiani, eccomi a illustrare sommariamente le possibilità di studiare l’italiano per gli ungheresi.

In Ungheria  si studia l’italiano in varie università  o istituti superiori (Budapest, Debrecen, Nyíregyháza, Pécs, Piliscsaba., Szeged), e inoltre in alcuni licei e nella scuola di base (elementari e medie), come a Budapest, Pécs, Szeged.
Ci sono anche corsi di italiano extrauniversitari, come quelli dell’Istituto Italiano di Cultura (Budapest), organizzati nella sua prestigiosa sede (un antico palazzo neo-rinascimentale in centro - affacciato sul Museo nazionale - dal 1867 al 1902 sede del parlamento ungherese).
A “tutelare e diffondere la lingua italiana nel mondo” ci pensa anche la Società Dante Alighieri, che ha una sede anche a Budapest presso il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere dell’Università degli studi Eötvös Loránd (ELTE).
Esiste anche un portale ungherese, olaszportal, con link a risorse per chi vuole imparare la lingua italiana.

L’editoria ungherese è ricca di libri sull’italiano. Ho già segnalato un facile testo con esercizi:

-         Király Rudolf, Tanuljunk kögyorsan olaszul! (G&A Kiadó, 1997)

Segnalo anche un dizionario tematico figurato:

- Iker Bertalan – Szendrő Borbála, Olasz-magyar módszertani tematikus képes szótár (Szultán Nyelvkönyvek Kiadó, 2007)

Aggiungo uno dei migliori libri ancora in circolazione:

-         Herczeg Gyula, Olasz leíró nyelvtan (Terra, 1991)

L’editore ungherese Klett ha stampato vari manuali sulla lingua italiana dell’editore tedesco PONS; tratti dai libri di questo editore, si trovano in Youtube – in ungherese – diverse lezioni di italiano per principianti (pons olaszkezdőknek).

Anche il web è ricco di risorse. Ad esempio in sulinet.hu, in questa pagina alla voce Olasz, si trovano molti esercizi d’italiano a cura di Szirmay Krisztina dell’ELTE.

In Italia si svolgono da molte parti corsi di italiano (olasz nyelvtanfolyam) per stranieri, a cura di Comuni e associazioni socio-culturali.
Ecco una delle grammatiche più chiare e ordinate:

-         Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana (Mondadori, 1999)

Come ausilio specifico, segnalo il corso di italiano “Espresso” (Alma Edizioni), con un libro di grammatica ed esercizi, indirizzato a studenti ungheresi (livello base). Sul relativo sito si trova un’anteprima, con utili esercizi. Può essere un valido ausilio anche per gli italiani che si avvicinano all’ungherese.
Infine, segnalo un portale italiano, Icon, promosso da 19 università italiane per promuovere e diffondere tra gli stranieri la lingua e la cultura dell'Italia attraverso tecnologie telematiche e specifiche iniziative didattiche (con risorse gratuite per gli iscritti al corso di laurea).

giovedì 12 settembre 2013

UE multilingue: passo avanti.



Andrea Bersani (una vignetta per l'Europa)
Quella di ieri èd è una buona notizia per i popoli europei. Nell’Unione Europea non è ammissibile un’oligarchia delle lingue inglese, francese e tedesco. Bisogna rispettare il principio della parità tra tutte le lingue ufficiali dell’UE (attualmente 28) sancito dalla carta.
Così il Tribunale dell’UE ha annullato tutti i bandi di concorso pubblicati solo in inglese, francese e tedesco, e non nelle altre lingue comunitarie, per l’assunzione del personale delle istituzioni europee. La sentenza dà ragione all’Italia, che in prima istanza si era vista respingere il ricorso (il primo nel 2008).
I bandi annullati si riferiscono a concorsi del 2008 e 2009, i cui esiti restano comunque validi.

Quindi, il “trilinguismo”, che di fatto - senza una discussione e un accordo preliminare - si è instaurato come tendenza consolidata nelle istituzioni UE, è una palese discriminazione. In tal modo verrebbero di fatto privilegiati nelle assunzioni anglofoni, francofoni e germanofoni.
Si tratta di una questione di primaria importanza.
Innanzi tutto culturale: le lingue rappresentano l’identità di un popolo e nell’UE tutte devono avere pari dignità. Anche per evitare ciò che, purtroppo, sta già succedendo: l’eliminazione delle lingue “minori” dall’insegnamento a scuola e all’università.
Ma è anche una questione economica: gli investimenti stranieri si indirizzerebbero maggiormente verso i Paesi che hanno “lingue che contano”, penalizzando gli altri.
Secondo Francesco Sabatini, ex presidente dell’Accademia della Crusca, si deve evitare tale palese discriminazione, pur ritenendo “comprensibile” il primato assegnato all’inglese come lingua veicolare nelle istituzioni o come lingua ausiliaria di intermediazione (articolo del Corriere della Sera del 20 marzo 2010). Occorrono dunque misure per evitare discriminazioni: per esempio fino al 2005 nei concorsi europei una prova era sostenuta nella lingua materna e un’altra in una lingua comunitaria a scelta.
Perciò l’UE si deve attrezzare a promuovere il multilinguismo, spendendo un po’ di più in traduzioni (anche in italiano e in ungherese), garantendo così criteri democratici nella gestione degli affari comuni.

mercoledì 11 settembre 2013

Italo-ungherese in biblioteca.




Biblioteca nazionale Széchényi 
(Országos Széchényi Könyvtár, OSZK)
Il mio libro bilingue, Affida il cavolo alla capra. 1001 proverbi e detti ungheresi (Kecskére bízza a káposztát. 1001 magyar közmondás és szólás), già disponibile in biblioteche italiane (nella provincia di Milano, oltre che - per le copie d'obbligo - nella Biblioteca nazionale centrale di Roma e in quella di Firenze), si può ora chiedere in prestito anche in biblioteche ungheresi.

Infatti, in agosto sono stato a Budapest, dove ho donato il mio libro all’Istituto Italiano di Cultura, per la loro biblioteca. Ho consegnato inoltre copie per altre due biblioteche di Budapest: la Biblioteca Nazionale Széchényi e la Biblioteca universitaria dell’ELTE, che ha un Dipartimento d’italianistica e dove ha sede la Società Dante Alighieri.

Infine ho donato copie del libro, per le rispettive biblioteche comunali, ai sindaci della città di Székesfehérvár – gemellata con l’italiana Cento (FE) – dove abitano i miei amici ungheresi, e della città di Veszprém – gemellata con l’italiana Porto Maggiore (FE) – nella cui università ha insegnato Gyula Paczolay, dalle cui raccolte di proverbi online ho attinto materiale per il libro.

lunedì 9 settembre 2013

Proverbio/detto ungherese del mese (1005).



Eccoci al 1005° proverbio ungherese.
Aki hizelkedik, vagy megcsalt vagy meg akar csalni, letteralmente: “chi ti lusinga, o ti ha ingannato o ti vuole ingannare”.
L’equivalente italiano (più musicale) è: “chi t’accarezza più di quel che suole, o t’ha ingannato o ingannar ti vuole”.
In questo proverbio ungherese la forma è sacrificata al contenuto. Si tratta di una messa in guardia dai comportamenti altrui, un proverbio che rientra nella categoria “istruttivi”: dà consigli di vita quotidiana, in particolare nelle relazioni interpersonali.
Di tale categoria di proverbi, uno tra i più noti e usati in Italia è “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. In Ungheria non esiste un proverbio equivalente; la traduzione fedele in ungherese sarebbe "Bízni jó, nem bízni még jobb”.

A proposito di questa meditazione collettiva che sono i proverbi, Carlo Lapucci - nell’introduzione al Dizionario dei proverbi italiani (Mondadori) – ne sottolinea il senso: “un enorme e fedele specchio di quello che si vede e di quello che non si vede. E un evidenziatore che si deposita e si adatta sul mondo: non astrae, non sintetizza, ma accompagna la vita e le cose”. Secondo Lapucci un “sistema proverbiale” non è un trattato scientifico, non enuncia mai regole assolute, “non tende alla generalizzazione, ma all’individuazione, cerca l’eccezione più che la regola sapendo che ogni caso fa regola a sé: si dilata e si restringe come il linguaggio, rifugge da un’esattezza impossibile, lasciando largo margine all’interpretazione e alla discrezionalità. Si potrebbe dire che il presupposto sia anche scientifico, ma in senso molto moderno, in quanto non solo non assolutizza, ma è disposto a prevedere perfino l’evento contrario”.