mercoledì 25 febbraio 2015

I colori ungheresi.

IT - “Questo, in italiano, si chiama uovo. Magyarul (in ungherese)?”
HU -“Tojás.
IT -“Questo è l’albume. Magyarul?”
HU - “Tojásfehérje!
IT - “Ah, come in italiano: bianco dell’uovo. E come dite in ungherese: rosso dell’uovo?”
HU - “Rosso. Mi rosso?
IT - “Rosso, come la Ferrari in formula 1.”
HU - “Piros? Nem piros a tojás, de sárga!
IT - “Che colore è sárga? Come il limone? Ah giallo! Quindi in ungherese dite: il giallo dell’uovo?”
HU - “Igen, tojássárgája!”
Questo è più  meno un colloquio con amici ungheresi: uno dei primi approcci con la lingua magiara riguardo al colore (szín). Ho capito anche che non basta conoscere la traduzione di una parola, ma è necessario capire le influenze della cultura sulla lingua. Tant’è che, anche dopo questo chiarimento, ciascuno cercava di convincere l’altro che il tuorlo dà sul rosso o, viceversa, sul giallo.

Nel linguaggio comune ungherese ci sono meno parole rispetto all’italiano per denominare i vari colori. Per esempio: blu, azzurro e celeste si traducono: (sötet) kék, kék, világos kék; viola e lilla (tra rosa e viola) si traducono entrambi con lila (ma nel linguaggio specialistico si rimedia: ecco un sito ungherese dove sono individuati 950 colori).
In compenso, gli ungheresi hanno due parole per nominare il colore rosso: piros e vörös. Il primo nome deriva dalla radice vér, sangue, e quindi significa più o meno “sanguigno”. Il secondo nome potrebbe derivare dal greco pyros, “fuoco”. Anche se il loro uso è abbastanza differenziato, non c’è una regola che li distingua. Così si può dire: “segnale rosso” (al semaforo), vörös jelzés; ma anche: “passare col rosso”, átmegy a piroson.

Così ho realizzato la scheda I colori (conservata nella pagina di download) con una selezione di 31 colori (rappresentati col codice RGB) con il nome nelle due lingue.
Nella scheda ci sono anche: una lista di 21 colori della tavolozza del pittore; la ruota del colore di Itten; i colori ufficiali della bandiera italiana e di quella ungherese (a zászlók színei).

Mi sembra utile aggiungere un po’ di teoria del colore (színtan).
Premesso che i colori sono l’effetto della luce riflessa (onde elettromagnetiche) dalle cose sui nostri occhi (segnali elaborati dal cervello), l’umanità ha impiegato parecchio tempo prima di distinguere e nominare i colori.
Quanti sono i colori? Non infiniti (vediamo solo quelli contenuti in un ristretta gamma di lunghezze d’onda – lo “spettro cromatico” tra 400 e 700 milionesimi di metro – chiusa tra gli invisibili raggi infrarossi e quelli ultravioletti), ma sono innumerevoli.
I colori dello spettro di luce visibile (látható fényspectrum színei) sono principalmente: rosso (piros), arancione (narancs), giallo (sárga), verde (zöld), ciano (cián), blu (kék), viola (ibolya).
L’uomo ha cominciato a distinguere solo il bianco (fehér) e il nero (fekete), o – più correttamente – i colori chiari (világos színek) e quelli scuri (sötét színek). Poi ha nominato il rosso (vörös), probabilmente per la necessità di indicare il sangue ma anche il fuoco. Poi alcune culture hanno distinto il giallo (sárga), seguito dal verde (zöld), forse per distinguere i vegetali maturi o no; altre nell’ordine inverso: prima il verde  e poi il giallo . Infine, si è completato lo spettro visibile fondamentale con la denominazione del blu (kék), arrivando così anche ai colori di confine: arancio (narancs) e viola (lila).

In realtà esistono varie teorie del colore e sono stati inventati vari codici per rappresentarli. Per ridurre l'arbitrarietà nella rappresentazione dei colori (cui si aggiunge la loro difficoltà di riproduzione sul pc o nella stampa) si è costruito anche un modello matematico astratto, lo “spazio dei colori”, che tiene conto delle lunghezze d'onda dello specchio cromatico (i colori “puri” sono quelli corrispondenti a una lunghezza d'onda, ma nella realtà il nostro occhio è colpito quasi sempre da più raggi); ciò è avvenuto a partire dal 1931 per iniziativa della CIE, Commission internationale de l'éclairage.
Nella scheda ho indicati due codici: RGB (adatto agli strumenti digitali ed è quello che ho utilizzato per creare i colori in word sul pc), modello “additivo” basato sui colori Red, Green, Blue (rosso, verde, blu), col quale si possono creare quasi 17 milioni di colori; CMYK, modello “sottrattivo” basato su Cyan, Magenta, Yellow, Key black (ciano, magenta, giallo, nero), che ha 100 milioni di combinazioni possibili (utilizzato per la moderna stampa in quadricromia).
Quindi non sempre un colore in CMYK trova un equivalente in RGB. Anzi, la lista di colori che ho scelto (basata sul sitema CIE) non ha trovato perfetta corrispondenza con la lista ungherese del színszótár.

Insomma, la rappresentazione di colori non è univoca e anche quando si concorda sul lessico, trovando una corretta traduzione, a volte il colore non è lo stesso, pur appartenendo alla stessa gamma di colore (színtartomány). Ciò a causa delle influenze culturali.
Un ultimo esempio di ciò è la vicenda dei semafori giapponesi. Se si osserva il verde, si nota che non si tratta del verde standard ma di una combinazione verde-azzurra. Tale colore è stato scelto poiché più vicino al significato della parola ao, che in passato identificava sia il verde che l'azzurro (oggi in Giappone ao è il blu e midori il verde; ma in alcune lingue verde e blu sono trattati come sfumature di un unico colore).
Così, invece di adeguare il nome al colore, si è scelto di adeguare il colore al nome; un po' come abbiamo fatto gli amici ungheresi ed io con il colore del tuorlo dell'uovo.

-        színszótár (ungherese)
-        codice colori (italiano)

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