A Magyarok
nyilaitól
ments meg Uram, Minket! Così
in ungherese, ma l'originale era in latino: A
sagittis Hugarorum Libera Nos Domine,
“dalla frecce degli Ungari, salvaci Nostro Signore”, una
preghiera cristiana del IX secolo. Era un'invocazione contro le
invasioni degli Ungari in quel periodo, affinché non si ripetesse la
tragedia del 452, quando gli Unni guidati da Attila “il flagello
di Dio” (Isten
ostora)
invasero l'Impero Romano d'Occidente e, tra l'altro, rasero al suolo
Aquileia, i cui abitanti si rifugiarono nelle paludi, dando origine
così a Venezia.
Nell'immaginario
ungherse Unni (Hunok)
e Magiari (Magyarok)
sono ancora associati.
Un interessante
convegno, ATTILA IN ITALIA
dalla letteratura franco-italiana a Verdi (e oltre),
è previsto a Padova (Accademia Galileiana) il 29 e 30 maggio
(inizio giovedì ore 15.30).
Tra i relatori
anche Edina Bozoky, studiosa di
storia medievale all’Università di Poitiers (Francia), autrice del
libro ATTILA E
GLI UNNI. Verità e leggende (Il
Mulino, 2014, traduzione di A. Talamonti).
Chi
erano Attila e gli Unni, circondati da fama di devastazione e
crudeltà? Il libro racconta storia e leggenda, nelle diverse aree
europee. Attila per gli italiani è “il terribile”, ma nei paesi
germanici è un re benevolo e generoso; in Ungheria addirittura un
eroe nazionale.
L'evento
è promosso dall' Associazione Culturale italo-ungherese del
Triveneto,
oltre che dal Consolato ungherese di Venezia e l'Accademia d'Ungheria
di Roma.
Per Antonio Bonfini, umanista e
storiografo italiano alla corte ungherese del XV secolo, Attila era
come un principe rinascimentale, astuto condottiero capace di tenere
unite le varie tribù nomadi degli Unni. Incaricato di scrivere una
storia dei Magiari (Rerum Ungaricarum Decades), ne fece un
modello ideale del “secondo Attila”, il Re Mattia Corvino, capace
di ristabilire un Regno unitario e rinascimentale. Una raffigurazione
divergente, quella del Bonfini: ora Attila era potente e simpatico,
ora diveniva antipatico e crudele (nella descrizione delle campagne
militari contro Italia e Francia). Un paragone che si ritorse contro
il Re Mattia, nuovo “Flagellum Dei” per i suoi critici.
Ma il mito di Attila servì come
strumento ideologico a scopo politico. Del resto, secondo Kulcsár
Péter, la leggenda degli Unni offriva un passato eroico agli
Ungheresi.
In
seguito, si è chiarito che i Magiari o Ungari – di origine ugrica
(est degli Urali), con mescolanze bulgaro-turche – non discendevano
dagli Unni, di origine turco-mongola. La presenza dei due popoli nel
bacino carpatico è separata da 600 anni e, alla morte di Attila nel
453, l'impero cadde e gli Unni tornarono verso le steppe asiatiche.
Il
mito sopravvive tra i magiari: ancor'oggi è comune il nome Attila
(gli ungheresi lo pronunciano “ò-tilla”), simbolo di coraggio e
fiera indipendenza, come pure quello di Ildikó,
sua seconda moglie.
Oltre ai libri storici, anche il cinema
e la tv si sono occupati di lui. Attila the Hun nel
2001 è stata una mini-serie tv di produzione americana. “Dove
passa Attila non cresce più l'erba” era un modo di dire, specie
nel Nord-Est dell'Italia, e una persona malvagia o un bambino
violento venivano definiti “Attila”. Oggi gli si riconoscono
anche doti di abile politico ed esperto di strategie militari, ma
nell'immaginario resta il temibile condottiero che capeggiava abili
cavalieri-arceri.
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