martedì 22 aprile 2014

Incontri italo-ungheresi a Venezia e Milano.



Mettere a confronto proverbi ungheresi e italiani per rilevare diversità ma anche comuni radici culturali (l’identità europea si è formata nel Medioevo dall’incontro – prima scontro – tra romani e c.d. barbari). Su 1001 proverbi o modi di dire ungheresi raccolti nel mio libro, ho trovato equivalenti italiani per il 96% di essi; non ne ho trovati per il restante 14% (ma forse in qualche caso esistono*), che però ne hanno di tedeschi o slavi.

Avvicinare in modo facile e divertente gli italiani alla lingua e alla cultura magiare: solo poche migliaia di miei connazionali sanno l’ungherese, mentre oltre 100mila ungheresi conoscono la lingua italiana. Inoltre, il bilinguismo fa bene alla salute psico-fisica-relazionale individuale e alle relazioni tra i popoli.

Richiamare la necessità di valorizzare la diversità culturale (kulturális sokszínűség), che – assieme alla diversità biologica (biológiai sokféleség) – è la vera ricchezza dell’umanità. In particolare, penso che l’Unione Europea o sarà multiculturale e quindi multilingue, o non sarà (fermo restando l’esigenza di una lingua franca e, come sostiene Ulrich Beck, la necessità di accantonare la “nostalgia etnico-nazionale in tutte le sue forme”).

I primi due obiettivi rientrano nelle mie intenzioni iniziali nel realizzare il libro bilingue, nonché questo blog, che tesse una piccola trama di amicizie italo-ungheresi.
Il terzo è l’orizzonte di senso che ho poi scoperto necessario.

Il cammino su tale strada non è senza ostacoli. Quello principale si può riassumere così: c’è una distanza tra linguaggio accademico e linguaggio popolare, una differenza culturale tra parlanti e scriventi, difficili da colmare.
Il mio tentativo, forse vano, intende avvicinare cultura “alta” e “bassa”, tramite attività di divulgazione.
L’editoria italiana poco aiuta. Ed è difficile far uscire il modo accademico dalle sue torri d’avorio (pur utili all’approfondimento specialistico): ho incontrato alcune sensibilità positive, altre meno. Lo ha sperimentato anche, da trent’anni, la direttrice della rivista italo-ungherese Osservatorio Letterario di Ferrara, Melinda Tamás-Tarr (ora gratificata dall’alta onorificenza di Cavaliere della Repubblica).

Ecco perché sono grato a chi mi consente, comunque, di incontrare persone e tenere aperto un dialogo.
Il prossimo appuntamento, su invito dell’Associazione Culturale italo-ungherese del Triveneto (e il sostegno del Consolato onorario d’Ungheria), è a Venezia: un’incontro pubblico di presentazione del mio libro sui proverbi ungheresi (martedì 6 maggio alle ore 17.30, Teatro ai Frari).
Successivamente ci sarà un altro incontro pubblico a Milano (data da destinarsi), organizzato dal Comune di Milano (Sistema Biblioteche) e col patrocinio del Consolato Generale d’Ungheria.
Due appuntamenti per tutti gli appassionati, e i curiosi, di cose magiare.

NOTA

*) Il paremiologo ungherese Paczolay Gyula, che ha raccolto proverbi da tutto il mondo, ha individuato anche quei proverbi presenti solo in Ungheria: nella mia raccolta sono sedici (nn. 6, 101, 103, 116, 236, 288, 482, 492, 558, 578, 587, 609, 628, 629, 838, 878).

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