giovedì 14 novembre 2013

Capa, padre del fotogiornalismo in mostra.



The Falling Soldier (Robert Capa)
I fotoreporter contemporanei devono molto a Robert Capa.
Era ungherese e in realtà si chiamava Ernő Friedmann Endre (1913-1954). Nel ’31 fu esule dall’Ungheria e cominciò in Germania la sua carriera. Nel ’36 scelse lo pseudonimo di Robert Capa, con cui firmò una dei suoi più noti reportage fotografici: quello sulla guerra civile spagnola (1936-37), con la celebre foto del “miliziano caduto” (The Falling Soldier). Nel ’38 quelle foto furono raccolte in un volume, ideato dall’amico ungherese Kertész André, che Capa dedicò alla donna della sua vita, la fotografa tedesca Gerda Taro, uccisa sul fronte spagnolo l’anno prima.
Poi fu in Francia e negli USA. Nel ’47 fondò – con Henri Cartier-Bresson, George, Rodger, David Seymour – l’agenzia fotografica indipendente Magnum, che diede nuova dignità al fotogiornalismo. Morì su una mina in Vietnam nel ’54: a soli quarantun’anni aveva già scattato 70mila foto.

Il Museo di Roma Palazzo Baschi, nel centenario della morte, dedica una mostra a 78 suoi scatti in bianco e nero durante la II guerra mondiale (soprattutto come fotoreporter di Life): “Robert Capa in Italia 1943-1944”. La mostra – curata da Legyel Beatrix del Museo nazionale ungherese è aperta fino al 6 gennaio 2014, poi sarà a Firenze dal 10 gennaio al 30 marzo 2014.
Più ricca e interessante la mostra “Robert Capa / A Játékos” (Il Giocatore), in corso fino al 12 gennaio 2014 presso il museo nazionale di Budapest (Magyar Nemzeti Múzeum), che cinque anni fa acquistò la serie Robert Capa Masyter Selection III dall’International Center of Photography di New York, che custodisce l’eredità fotografica di Capa.

Mostre a Firenze nell’anno culturale italo-ungherese.
  • Fino al 6 gennaio 2014 a Firenze (Museo di San Marco) è aperta la mostra Mattia Corvino e Firenze. Arte e umanesimo alla corte del re di Ungheria”, sui rapporti tra il re ungherese e l’Umanesimo di Firenze.
  • Ancora a Firenze (ex chiesa di San Scheraggio), è aperta fino al 30 novembre la mostra “Gli autoritratti ungheresi degli Uffizi”, 23 opere della Collezione degli autoritratti della Galleria degli Uffizi. L’esposizione è dedicata alla memoria di Boskovits Miklós, storico dell’arte ungherese scomparso nel 2011, dal ‘68 docente nell’ateneo fiorentino.
  • Sempre a Firenze (Villa Finaly) era aperta solo ad ottobre la mostra “Budapest Amore Mio” di Ottò Kaiser. All’inaugurazione ha partecipato, tra gli altri, Tarlòs Istvàn sindaco di Budapest, città gemellata con Firenze.
  • Non è più a Firenze (era in ottobre al Palazzo Medici Riccardi), ma gira per l’Italia, la mostra “Le case della memoria italiane e ungheresi: una risorsa condivisa per la cultura”. Si tratta di pannelli che illustrano la rete italiana e quella ungherese di case-museo, luoghi che hanno ospitato personaggi illustri. C’è un catalogo trilingue della mostra (inglese, italiano, ungherese), che si può ancora vedere a Lastra a Signa (fino al 17 novembre), a Roma (21 novembre – 8 dicembre), a Modena (21 dicembre – 6 gennaio). Poi andrà in varie città dell’Ungheria.
-         la mostra di Capa
-         le case della memoria

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