mercoledì 16 settembre 2015

Szívtelen Magyarország? (Ungheria senza cuore?)

Menekültek Európába jönnek gondolva, hogy civilizációt, demokráciát, szolidaritást találnak. Ellenben Magyarországot találnak.
Sono un magiarofilo, attratto da lingua e cultura magiare. Ciò è avvenuto per caso (sei anni fa ho conosciuto un gruppo di giovani ungheresi arrivati in Italia per trovare lavoro).
Avrei potuto essere turcofilo o cinesofilo, se avessi incontrato altri stranieri. Ogni cultura contiene una ricchezza originale che può attrarre.
Questa passione si è tramutata nel mio libro sui proverbi ungheresi e in questo blog per alimentare l'amicizia tra i due popoli, facendo conoscere di più l'Ungheria di cui si parla poco in Italia.

Ma oggi l'Ungheria è all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale.
Forse solo nel 1956 l'Ungheria fu così spesso sulle prime pagine dei giornali, ma per un evento di tutt'altra portata (la rivolta popolare contro il regime socalista).
E forse fu solo verso la fine del IX secolo d.c. che gli “Ungari” (così li chiamavano) non avevano un'immagine così negativa, pur intrisa di ammirazione: “Salvaci Signore nostro dalla frecce degli Ungari”, si pregava allora contro le invasioni di quegli spietati ma abili guerrieri.
Oggi l'immagine dell'Ungheria è quella delle posizioni “xenofobe” (definizione data dall'editorialista del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo, 8 settembre 2015 ) del governo di Budapest, guidato da Orbán Viktor. Addirittura il cancelliere austriaco Werner Fayman ha paragonato la gestione ungherese dell'emergenza profughi al nazismo: “Stipare i rifugiati nei treni e mandarli in luoghi completamente diversi da quelli che essi credono ci ricorda i più bui capitoli della storia del nostro continente”. Dopo le immagini di lacrimogeni e idranti usati dalla polizia ungherese contro i migranti alla frontiera chiusa Ungheria-Serbia, il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, ha commentato: “Sono scioccato nel vedere come alcuni migranti e rifugiati sono trattati, non è accettabile. È gente che scappa da guerra e persecuzione e deve essere trattata con dignità umana” (emberi méltóság).

Insomma, il partito al governo in Ungheria, Fidesz – pur facendo parte, nel Parlamento dell'UE, dello stesso raggruppamento della CDU (il partito di Angela Merkel), il Partito Popolare Europeo – sembra appiattito sulle posizioni del gruppo di estrema destra Jobbik.
Ieri quasi nessuno sapeva che l'Ungheria è stato il primo paese ad abbattere il muro che divideva Est/Ovest. Oggi tutti sanno che l'Ungheria è il primo paese a costruire un muro di separazione Nord/Sud. Oggi verso la Serbia, domani verso Croazia e Romania. Quasi un isolamento dall'Europa.

Quando avevo poco più di due anni i miei genitori sono emigrati dal Sud al Nord Italia: per anni ho percepito il disprezzo di chi ci considerava indesiderati “terroni” (insulto razzista).
Quasi sempre i 27 milioni di italiani emigrati nel mondo tra il 1876 e il 1976 sono stati male accolti, oggetto di pregiudizi e discriminazioni, che hanno causato sofferenze individuali e generato scontri sociali. Poi l'integrazione ha prevalso e le società più “altruiste” hanno avuto i maggiori benefici.
Perciò io sono xenofilo, cioò favorevole all'integrazione di ogni cultura, di ogni popolo, pur sapendo che l'opinione pubblica mondiale è divisa su ciò: la xenofobia è diffusa a tutte le latitudini ed è causa di gravi conflitti sociali.

Certamente servono regole certe ed efficaci (distinguere, senza discriminare, profughi e migranti economici). L'Europa non ne ha di adeguate al fenomeno epocale dell'immigrazione (comunque, di dimensioni inferiori a quella del Novecento, quando nel solo periodo della 2° guerra mondiale, emigrarono 16 milioni di europei; negli ultimi cinque anni sono stati 2 milioni gli immigrati in Europa), ed è divisa. La scelta di alcuni paesi dell'Unione Europea (Európai Unió), in particolare Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania, di sottrarsi ai doveri di solidarietà (szolidaritás) – oltre che di ignorare il diritto d'asilo (menedékjog), uno dei diritti umani fondamentali – appare una chiusura inutile quanto controproducente.

Giova ricordare che nel 2014 (fonte UE) l'Ungheria ha versato all'Unione Europea circa 1 miliardo di euro (l'Italia quasi 16) e ne ha ricevuti quasi 6 (l'Italia 12,5): questa è una forma, economica, della solidarietà .
E giova ricordare che l'immigrazione (bevándorlás) non è un grande problema in Ungheria, dove gli stranieri sono il 2% (in Italia l'8%). Finora, quest'anno, sono stati poco meno di 200mila i migranti giunti in Ungheria, terra di transito e non meta finale: un numero gestibile (al Sziget Festival sono state gestite oltre 400mila persone in otto giorni). Anzi, l'Ungheria ha il problema dell'emigrazione (kivándorlás), che – assieme alla bassa natalità – sta riducendo la popolazione.

Ci sono problemi politici (che Europa vogliamo), ci sono problemi economici (ma le politiche anti-immigrazione costano più dell'accoglienza), ma soprattutto ci sono problemi culturali.
Però ciò che mi ha più colpito è l'apparenza mancanza di umanità nell'accoglienza dei migranti in Ungheria da parte delle forze dell'ordine (rendőrség) e da parte di alcuni settori della società (disgustose le immagini della reporter ungherese che prende a calci i profughi mentre li riprende con la telecamera, e preoccupanti quelle della polizia che butta alimenti ai migranti rinchiusi in un recinto). Comprensibile è dunque il sarcasmo della vignetta di Ellekappa che riporto a fianco, pubblicata da Repubblica.
D'altra parte, so che una parte dell'opinione pubblica magiara si è schierata per l'accoglienza: semplici cittadini che hanno manifestato sotto lo slogan Az én nevemben ne (non in mio nome) o hanno dato aiuto e assistenza ai migranti (siriani, irakeni e afgani in gran parte), associazioni come Migration Aid, giornali e movimenti.

In un articolo sulla Stampa, l'esperto Bruno Ventavoli (19 giugno '15) cercava di comprendere, senza giustificare, le posizioni dure del governo ungherese. I magiari sarebbero spaventati dalla sindrome dell'assedo e il nazionalismo è anche paura di sparire.
Ma le scelte del governo ungherese (ultima la decisione di mettere in prigione fino a tre anni chi attraversa illegalmente il confine, anche se profugo di guerra) non fanno che alimentare queste vecchie paure alla ricerca di un'identità unidimensionale.
L'antropologo e psicanalista, Georges Devereux (1908-1985; nato ungherese come Győrgy Dobó, poi naturalizzato francese), fondatore dell'etnopsichiatria moderna, metteva in guardia dal “rischio dell'identità”. Intravedeva la tendenza a limitare l'identità ad un solo aspetto (essere musulmano, ebreo, nero ecc.) come riduttiva della molteplicità che compone la storia di una persona (e, aggiungo, di un popolo).
In tutto il mondo, non solo in Ungheria, c'è il problema dell'atteggiamento verso l'Altro, il diverso da noi (un tempo risolto violentemente con le invasioni e le guerre d'aggressione).
Secondo lo psicanalista greco Sarantis Thanopulos “non è esatto dire che abbiamo paura dello straniero dentro e fuori di noi. Siamo diventati stranieri a noi stessi”.
Dopo la foto del picclo Aylan, morto annegato su una spiaggia turca, il mondo si è interrogato sulla sua umanità (jóérzés) e ha cambiato verso: l'umanità (emberség) non può chiudere gli occhi di fronte alla realtà, il fenomeno dell'immigrazione va accettato e governato.

No, l'Ungheria non è il cuore nero” dell'Europa (cosa sono qualche centinaia di migliai di voti per Jobbik a confronto dei milioni di voti per il Front National in Francia?). Ma il governo ungherese appare senza cuore, in lingua magiara si dice szívtelen, che significa anche “disumano”.
Invece il popolo ungherese è umano e ospitale, come gli italiani e tanti altri popoli, e saprà ritrovare la strada giusta, ricordando il monito che mille anni fa il primo re ungherese, Stefano I, scrisse per suo figlio Imre: unius linguae, uniusque moris regnum imbecille et fragile est (debole e caduco è il regno che possiede una sola lingua e unici costumi). 
 
PS: anche qui tira una brutta aria. La Regione Lombardia, guidata dalla Lega Nord, ha deciso di penalizzare economicamente gli albergatori che ospitano (legalmente!) gli immigrati. E ci sono lombardi per i quali io sono ancora un terrone”...

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