Petőfi Sándor legge il poema Nemzeti dal
alla folla, disegno Zichy Mihály (wikipedia)
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In Italia si dice “succede
un quarantotto” per descrivere una situazione caotica che porta
scompiglio, alludendo alle rivolte di quell’anno.
In Ungheria si dice “nem
enged a negyvennyolcból” (non cede dal ‘48) per descrivere chi non
recede dalle proprie posizioni, alludendo alla tenacia delle rivendicazioni di
quella rivoluzione ungherese.
Insomma, “la primavera dei popoli” - com’è ricordata quella stagione di rivolte nazionali contro il nuovo ordine imposto nel 1814 dai sovrani assolutisti (Restaurazione), dopo la sconfitta della rivoluzione francese e le guerre napoleoniche – ha aperto un nuovo cammino di autodeterminazione.
Italiani e ungheresi furono affratellati
da questa lotta per la libertà (v. post del 27 maggio ’13 sulla Battaglia di Magenta).
L’Italia, dopo altre guerre, conquistò l’indipendenza (1861).
L’Ungheria non ci riuscì, ma ottenne un’ampia autonomia dalla monarchia asburgica con una riforma costituzionale (1867) seguita a un accordo di compromesso (ungh, Kieyezés, tedesco Ausgleich)
Anche se tale stagione rivoluzionaria
è partita dall’Italia (in gennaio scoppiò la rivoluzione siciliana), gli unici ricordi rimasti sono in qualche
monumento o nella toponomastica (a Milano ci sono Piazza 5 giornate e Corso
XXII marzo).
Invece, in Ungheria il 15 marzo
1848 è una delle tre feste nazionali, nemzeti
ünnep (v. post 8 luglio ’13). Sembra la festività civile più sentita e
condivisa: la festa delle rivoluzione del 1848 (1848-as forradalom ünnepe), ricordata anche come “la
primavera gloriosa” (a dicsõséges tavasz).
Tale ricorrenza viene festeggiata
anche a Milano (quest’anno è il 65°
anniversario) dalla comunità italo-ungherese: una commemorazione organizzata
dal Console ungherese, Manno István, si svolgerà presso la Pinacotaca Ambrosiana il 15 marzo alle ore 10.
Ecco altre ricorrenze del 2014 per gli ungheresi:
-
10° anniversario
dell’adesione dell’Ungheria alla Unione Europea,
-
15° anniversario
dell’adesione dell’Ungheria alla NATO,
-
25° anniversario della
caduta della cortina di ferro,
-
70° anniversario
dell’Olocausto in Ungheria,
-
100° anniversario dell’inizio
della Grande Guerra,
-
bicentenario della
nascita di Miklós Ybl, celebre architetto ungherese.
Inoltre 120 anni fa moriva Kossuth
Lajos (1802-1894) - il “Mosè ungherese”, guida della rivoluzione del 1848 - che
visse in esilio a Torino gli ultimi anni della sua vita.
Ed ecco la prima strofa del poema Nemzeti dal, con cui il poeta Petőfi
Sándor infiammò gli animi dei magiari nel 1848.
Nemzeti dal
Talpra magyar, hí a haza!
Itt az idő, most vagy soha!
Rabok legyünk vagy szabadok?
Ez a kérdés, válasszatok!
A magyarok istenére
Esküszünk,
Esküszünk, hogy rabok tovább
Nem leszünk!
Itt az idő, most vagy soha!
Rabok legyünk vagy szabadok?
Ez a kérdés, válasszatok!
A magyarok istenére
Esküszünk,
Esküszünk, hogy rabok tovább
Nem leszünk!
Canto nazionale
In piedi, o magiaro, la patria
chiama!
È tempo: ora o mai!
Schiavi saremo o liberi?
Scegliete!
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!
È tempo: ora o mai!
Schiavi saremo o liberi?
Scegliete!
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!
(trad.
di Silvia Rho)
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