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lunedì 23 dicembre 2013

Le meraviglie dell’ungherese (2/2).

L’ungherese è “l’unica lingua che il diavolo rispetti” (in ungh.: az egyetlen nyelv, amit az ördög tiszteletben tart).
Sembra un detto magiaro, ma è solo un’invenzione letteraria di Chico Buarque, popolare cantautore brasiliano. Buarque ha scritto il romanzo Budapest (Feltrinelli, 2005), anche se non è mai stato in quella città: è stato attratto dalla diversità della lingua magiara, che apre orizzonti inaspettati. Ha inventato così un’avventura linguistica per il suo personaggio, José Costa (alias Zsozse Kosta), un ghost writer che mette in gioco la sua identità, dividendosi tra due terre lontane e due lingue diversissime ma magiche come il portoghese e l’ungherese (di cui lo colpisce la pura e semplice sonorità), e“quando scopre che in ungherese è un poeta e non un prosatore è come se scoprisse di avere un'altra anima, che non conosceva” (v. intervista).
Il concetto è stato espresso anche da Andrea Csillaghy (già docente di ungherese a Udine), che in un convegno del 2002 sui mediatori culturali affermava che “la competenza linguistica rimane nella coscienza adulta come un raddoppio dell’anima stessa”. Csillaghy ha sottolineato inoltre la vivacità del lessico ungherese dopo il 1989 grazie, in particolare, ai giovani e ai pubblicitari.

Le origini dell’ungherese non sono chiare. Addirittura nel Medioevo veniva assimilato al “turco” poiché “turchi” venivano chiamati i popoli che arrivavano in Europa da est.
Assieme al finlandese e all’estone, l’ungherese fa parte del gruppo linguistico ugrofinnico (circa 200 parole-base in comune), che non ha parentele certe con le lingue indoeuropee (albanese; armeno; baltiche; celtiche; germaniche; greco; indo-iraniche; romanze, comprendenti francese, italiano, portoghese, rumeno, spagnolo). Anzi, il gruppo ugrofinnico (un po’ eterogeneo, visto che tra finlandese e ungherese c’è più distanza che tra inglese e russo) è inserito nella famiglia linguistica uralica, inglobato nel gruppo uralo-altaico (le principali lingue altaiche sono: kazaco, manciù, mongolo, turco, usbeco).
Per perdersi definitivamente in questa babele linguistica, va aggiunto che alcuni studiosi rintracciano origini dell’ungherese nelle lingue lapponi, nel greco antico e, addirittura, nella scomparsa lingua sumera  – forse la prima lingua con una scrittura, quella cuneiforme – parlata in Mesopotamia dal IV millennio a.C. (estinta dal 2300 a.C., ma usata come lingua classica ancora per due millenni). Infine, la lingua ungherese è ricca di “prestiti” da altre lingue: dalle più antiche (antico slavo, arabo, latino medievale, tedesco) alle più moderne (lingue anglosassoni ma anche neolatine o romanze). L’odierno ungherese standard si basa sul dialetto dell’Ungheria orientale consolidatosi nel XVIII secolo: circa un milione di vocaboli, ma nella conversazione ne bastano 8-10mila (più o meno come in italiano).

Il risultato è un lessico originale, completamente diverso dalle altre lingue europee, come originale è la struttura sintattica, definita agglutinante suffissante: in soldoni, le parole vengono formate incollando alla radice (elemento minimo con significato) diverse unità elementari (suffissi) o aggiungendo posposizioni che ne segnano la funzione nella frase.
Ad esempio : “per i miei amici” in ungherese diventa a barátaimnak (a barát-ai-m-nak, lett. “gli amico-i-miei-per”).

In sintesi, le principali caratteristiche della lingua ungherese (magyar nyelv) sono:
-         scrittura fonetica, in quanto corrisponde alla pronuncia (con l’eccezione dell’assimilazione, dove una di due consonanti vicine cambia suono);
-         mancanza di generi grammaticali (maschile, femminile, neutro);
-         peculiare sistema di declinazione dei nomi per indicare il caso (modifica di un nome a seconda che sia il soggetto o un complemento) e il numero (singolare, plurale);
-         specifiche coniugazioni verbali soggettive e oggettive, oltre che per persona e numero; i verbi hanno solo 3 tempi  (passato, presente, futuro) e 6 modi (indicativo, imperativo, condizionale, gerundio, participio, infinito);
-         alto numero di casi (almeno 17) al posto dei complementi; suffissi segna-caso al posto delle preposizioni;
-         uso limitato del plurale dopo un numerale non si usa);
-         accento tonico sempre sulla prima sillaba, anche se ci sono accenti secondari nelle parole più lunghe dove compaiono vocali lunghe;
-         regola dell’armonia vocalica: ogni parola contiene o tutte vocali basse (a, á, o, ó, u, ú) o tutte alte (e, é, i, í, ö, ő, ü, ű); fanno eccezione parole con i, quelle straniere e quelle composte);
-         14 vocali (7 brevi e 7 lunghe) che si pronunciano sempre separatamente (non esistono dittonghi), e due semivocali, su 40 lettere dell’alfabeto (oltre alle lettere non ungheresi: q, w, x, y);
-         assenza di aggettivi possessivi, ma si usano suffissi nominali possessivi e pronomi possessivi (declinabili);
-         van e vannak (3° persona: è, sono) si omettono nelle frasi con predicato nominale; si usano soprattutto col significato di “c’è, ci sono”;
-         la struttura della frase è SOV, soggetto-oggetto-verbo (come nelle lingue uralico-altaiche), e non SVO (come nelle lingue neolatine), anche se in linea di massima l’ordine delle parole è libero e dipende dalla parola tonica (quella su cui cade l’enfasi), che va messa subito prima del verbo.

Ecco infine altre citazioni sulla lingua ungherese (che ho tradotto dall’inglese), raccolte dallo scrittore ungherese Kalmár János per descrivere le meraviglie dell’ungherese (a magyar nyelv csodái).

1840 - N. Erbesberg, professore di Vienna famoso a livello mondiale: “La struttura della lingua ungherese è tale da sembrare che i linguisti l’abbiano creata con l’intento di incorporare in essa ogni regola, concisione, melodia e chiarezza, e oltretutto viene evitata qualsiasi volgarità, difficoltà di pronuncia e irregolarità.”

1860 - Jules Oppert sottolineò la parentela tra la lingua Ungherese e quella dei Sumeri.

1870 - Archibald Sayce, Professore di Studi Orientali a Oxford, decifrò il primo testo in lingua Sumera e fece un’analisi linguistica della lingua. Trovò la stretta parentela col Sumero nelle lingue Ungherese e Basco. Andò in Ungheria per imparare l’ungherese e trovò anche che l’ungherese era la lingua più adatta per leggere il Sumero.

1887 - Sándor Giesswein, canonico e linguista, per dimostrare la relazione Sumero-Ungherese, usò esempi antropologici e un approfondito studio comparativo della grammatica delle due lingue.

1926 - József Aczél, linguista, nel suo libro Le nostre origini Scite-Greche dichiarò:  “la Grammatica Ungherese e 300 radici nominali sono identiche nel Greco Ellenico.”

1932 - Edgar Clement, linguista Tedesco, fu così colpito dalla musicalità della lingua che imparò l’ungherese. Secondo lui la lingua ungherese aveva una forza magica che riflette una profonda spiritualità che si può incontrare solo nelle classifiche linguistiche di alto livello, specie le antiche lingue classiche.

1976 - Adorján Magyar: “ la maggioranza dei popoli europei ha imparato a leggere e scrivere solo dopo che furono convertiti al Cristianesimo, mentre i Magiari abbandonarono la propria scrittura runica dopo la loro conversione poiché la Chiesa la riteneva pagana.”

(FINE. la 1° parte è stata pubblicata il 9 dicembre 2013)

-          Schedaalfabeto ungherese

lunedì 9 dicembre 2013

Le meraviglie dell’ungherese (1/2).



Nella maggior parte dei casi è la nazione che ha creato la lingua, mentre in Ungheria è la lingua che ha creato la nazione e la fa vivere attraverso tutte le trasformazioni”. È un’affermazione del giornalista e politologo ungherese, naturalizzato francese, François Fejtő (1909-2008).
La lingua magiara ha mantenuto la sua peculiarità per oltre un millennio, pur contando poco sulla trasmissione scritta, visto che dal 1000 e fino al secolo XIX la lingua ufficiale nel Regno d’Ungheria è stata il latino. I documenti più antichi giunti fino a oggi, in ungherese, risalgono al XIII secolo: l’Orazione funebre e il Pianto di Maria. Il primo libro stampato in ungherese è del 1527 (stampato a Cracovia). La letteratura ungherese fiorisce tra ‘700 e ‘800, conquistandosi un posto tra le grandi letterature europee.

A confronto la lingua italiana è una debuttante, pur se raccoglie l’eredità latina della Roma antica. Dante Alighieri (1265-1321) ha posto per primo il problema di una lingua nazionale. Ma la prima codificazione dell’italiano è avvenuta solo dopo l’Unità d’Italia, con la stesura del relativo Dizionario basato sul Toscano, a cura di  un’apposita commissione del Ministero dell’Istruzione, presieduta da Alessandro Manzoni (1785-1873). Alcuni hanno considerato la lingua italiana “la limpida continuazione del solo latino volgare” (Graziadio Isaia Ascoli).
Agli albori dell’Unità d’Italia (1861), solo il 2,5% della popolazione parlava l’italiano: 630 mila persone, compresi 400mila fiorentini e 70 mila romani il cui dialetto si avvicinava all’italiano ufficiale (Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita, Laterza).
Il risultato è una lingua letteraria ed erudita sì, ma un po’ astratta, che ha manifestato una carenza di parole espressive della vita quotidiana, di cui sono invece ricchi i dialetti.

Una maggiore ricchezza espressiva si riscontra invece nella lingua ungherese, in ragione della sua durata e della sua diffusione in tutti gli strati sociali. Ma il suo relativo isolamento (non esente da contaminazioni germaniche, slave, turche) ha reso necessario arricchirne il lessico. Nel XVIII secolo il movimento “riforma della lingua” (nyelvújítás) – guidato dal letterato Ferenc Kazinczy (1759-1831) – ha introdotto oltre diecimila nuovi vocaboli per meglio esprimere in ungherese concetti e idee più moderne.

Lo scrittore ungherese Kalmár János ha raccolto varie citazioni sulla lingua ungherese (magyar nyelv), definendola con enfasi “una delle vere meraviglie della Terra dai tempi antichi”.
Ne ho tradotte alcune (dall’inglese) per i lettori.
Ecco dunque le meraviglie dell’ungherese (a magyar nyelv csodái)!

1480 – Marcio Gallotti, un umanista alla corte di Re Mattia Corvino, dichiarò con stupore: “Gli Ungheresi possono essere aristocratici o contadini, ma usano tutti la stessa lingua.”

1609 – Polanius Amandus, lo scrittore umanista che viveva a Basilea, quando fu pubblicata la "grammatica ungherese" di Albert Molnár, scrisse: "C’erano alcuni i quali dubitavano che la sfrenata lingua ungherese avesse regole, ma voi, nel vostro lavoro eccezionale, li avete proprio smentiti."

1790 - Johann Gottfried Herder riconobbe che la lingua ungherese è un grande Tesoro: “C’è qualcosa di più caro al popolo che la propria lingua? Tutto il loro modo di pensare sta nella loro lingua, il loro passato e la loro storia, le loro credenze, e la base dell’intera vita, di tutto il loro cuore e la loro anima”.

1817 - Cardinal Giuseppe Mezzofanti, che capiva 58 lingue e parlava, tra le molte altre, 4 dialetti ungheresi, salutò l’ufficiale giudiziario József a Bologna con un discorso ungherese molto brioso. Fu lui che disse al linguista ceco, Ágoston Frankl: “Sai quale lingua è equivalente al Latino e al Greco nella sua struttura e nell’armonia ritmica? È la lingua ungherese. (...) Sembra come se gli ungheresi stessi non si rendano conto che nella loro lingua è nascosto un tesoro.” Il Cardinale Mezzofanti fu fatto membro onorario dell’Accademia Ungherese delle Scienze nel 1832.

1820 – Jackob Grimm stabilì le regole per la progressione del suono e fu il primo a scrivere una Grammatica tedesca. Affermò che la lingua ungherese è logica, ha una struttura perfetta e supera ogni altra lingua.

1830 – Sir John Bowring, viaggiatore e scrittore inglese, visitò l’Ungheria e pubblicò un’antologia delle opere di scrittori e poeti ungheresi. “La lingua ungherese viene da lontano. Si è sviluppata in modo molto particolare e la sua struttura risale ai tempi in cui la maggior parte delle lingue europee parlate attualmente non esisteva neanche. È una lingua che si è sviluppata costantemente e saldamente in se stessa, e  in cui ci sono logica e matematica con l’adattabilità e la malleabilità di forze e accordi.”

1840 – Wilhelm Schott, eccezionale scienziato Tedesco: “Nella lingua Ungherese c’è una visione fresca, infantile, naturale, e si può sospettare che in essa c’è la possibilità di uno sviluppo nascosto come un bocciolo. Essa contiene molte belle consonanti morbide e le sue vocali sono molto più chiaramente pronunciate che in tedesco. Può essere usata per brevi dichiarazioni e anche per potenti oratorie, in breve, per ogni tipo d prosa. È costruita sulla corrispondenza dei suoni vocalici, rime piacevoli, e la sua ricchezza e i suoi toni altisonanti sono adatti per la poesia. Ciò è dimostrato in ogni branca dell’arte poetica.”

(continua)