IT - “Questo, in italiano, si chiama uovo. Magyarul (in ungherese)?”
HU -“Tojás.”
IT -“Questo è l’albume. Magyarul?”
HU - “Tojásfehérje!”
IT - “Ah, come in italiano: bianco dell’uovo. E come dite in
ungherese: rosso dell’uovo?”
HU - “Rosso. Mi rosso?”
IT - “Rosso, come la Ferrari in formula 1.”
HU - “Piros? Nem piros
a tojás, de sárga!”
IT - “Che colore è sárga? Come il limone? Ah giallo! Quindi
in ungherese dite: il giallo dell’uovo?”
HU - “Igen,
tojássárgája!”
Questo è più meno un
colloquio con amici ungheresi: uno dei primi approcci con la lingua magiara
riguardo al colore (szín). Ho capito
anche che non basta conoscere la traduzione di una parola, ma è necessario
capire le influenze della cultura sulla lingua. Tant’è che, anche dopo questo
chiarimento, ciascuno cercava di convincere l’altro che il tuorlo dà sul rosso
o, viceversa, sul giallo.
Nel linguaggio comune ungherese ci sono meno parole rispetto
all’italiano per denominare i vari colori. Per esempio: blu, azzurro e celeste
si traducono: (sötet) kék, kék, világos kék; viola e lilla (tra rosa e
viola) si traducono entrambi con lila (ma nel linguaggio specialistico
si rimedia: ecco un sito ungherese dove sono individuati 950 colori).
In compenso, gli ungheresi hanno due parole per nominare il
colore rosso: piros e vörös. Il primo nome deriva dalla radice
vér, sangue, e quindi significa più o
meno “sanguigno”. Il secondo nome potrebbe derivare dal greco pyros, “fuoco”. Anche se il loro uso è
abbastanza differenziato, non c’è una regola che li distingua. Così si può
dire: “segnale rosso” (al semaforo), vörös
jelzés; ma anche: “passare col rosso”, átmegy
a piroson.
Così ho realizzato la scheda I colori (conservata nella pagina di download) con
una selezione di 31 colori (rappresentati col codice RGB) con il nome nelle due
lingue.
Nella scheda ci sono anche: una lista di 21 colori della
tavolozza del pittore; la ruota del colore di Itten; i colori ufficiali della
bandiera italiana e di quella ungherese (a
zászlók színei).
Mi sembra utile aggiungere un po’ di teoria del colore (színtan).
Premesso che i colori sono l’effetto della luce riflessa (onde
elettromagnetiche) dalle cose sui nostri occhi (segnali elaborati dal cervello),
l’umanità ha impiegato parecchio tempo prima di distinguere e nominare i
colori.
Quanti sono i colori? Non infiniti (vediamo solo quelli
contenuti in un ristretta gamma di lunghezze d’onda – lo “spettro cromatico”
tra 400 e 700 milionesimi di metro – chiusa tra gli invisibili raggi infrarossi
e quelli ultravioletti), ma sono innumerevoli.
I colori dello spettro di luce visibile (látható fényspectrum színei) sono
principalmente: rosso (piros),
arancione (narancs), giallo (sárga), verde (zöld), ciano (cián), blu
(kék), viola (ibolya).
L’uomo ha cominciato a distinguere solo il bianco (fehér) e il nero (fekete), o – più correttamente – i colori chiari (világos színek) e quelli scuri (sötét színek). Poi ha nominato il rosso (vörös), probabilmente per la necessità di indicare il sangue ma
anche il fuoco. Poi alcune culture hanno distinto il giallo (sárga), seguito dal verde (zöld), forse per distinguere i vegetali
maturi o no; altre nell’ordine inverso: prima il verde e poi il giallo . Infine, si è completato lo
spettro visibile fondamentale con la denominazione del blu (kék), arrivando così anche ai colori di
confine: arancio (narancs) e viola (lila).
In realtà esistono varie teorie del colore e sono stati
inventati vari codici per rappresentarli. Per ridurre l'arbitrarietà nella
rappresentazione dei colori (cui si aggiunge la loro difficoltà di riproduzione
sul pc o nella stampa) si è costruito anche un modello matematico astratto, lo
“spazio dei colori”, che tiene conto delle lunghezze d'onda dello specchio
cromatico (i colori “puri” sono quelli corrispondenti a una lunghezza d'onda,
ma nella realtà il nostro occhio è colpito quasi sempre da più raggi); ciò è
avvenuto a partire dal 1931 per iniziativa della CIE, Commission
internationale de l'éclairage.
Nella scheda ho indicati due codici: RGB (adatto agli
strumenti digitali ed è quello che ho utilizzato per creare i colori in word
sul pc), modello “additivo” basato sui colori Red, Green, Blue (rosso, verde,
blu), col quale si possono creare quasi 17 milioni di colori; CMYK, modello
“sottrattivo” basato su Cyan, Magenta, Yellow, Key black (ciano, magenta,
giallo, nero), che ha 100 milioni di combinazioni possibili (utilizzato per la
moderna stampa in quadricromia).
Quindi non sempre un colore in CMYK trova un equivalente in
RGB. Anzi, la lista di colori che ho scelto (basata sul sitema CIE) non ha
trovato perfetta corrispondenza con la lista ungherese del színszótár.
Insomma, la rappresentazione di colori non è univoca e anche
quando si concorda sul lessico, trovando una corretta traduzione, a volte il
colore non è lo stesso, pur appartenendo alla stessa gamma di colore (színtartomány).
Ciò a causa delle influenze culturali.
Un ultimo esempio di ciò è la vicenda dei semafori
giapponesi. Se si osserva il verde, si nota che non si tratta del verde
standard ma di una combinazione verde-azzurra. Tale colore è stato scelto
poiché più vicino al significato della parola ao, che in passato
identificava sia il verde che l'azzurro (oggi in Giappone ao è il blu e midori il
verde; ma in alcune lingue verde e blu sono trattati come sfumature di un
unico colore).
Così, invece di adeguare il nome al colore, si è scelto di
adeguare il colore al nome; un po' come abbiamo fatto gli amici ungheresi ed io
con il colore del tuorlo dell'uovo.