lunedì 9 febbraio 2015

Capa a Milano e a colori.

Sicilia 1943 (Robert Capa)
“Capa sapeva cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino”. È un’affermazione dello scrittore americano John Steinbeck a proposito del fotografo ungherese Friedmann Endre Ernő (1913-1954), che divenne Robert Capa negli USA (dopo essere espatriato da Budapest in Germania, lui di origine ebraica, per motivi politici).
Capa, insieme a Cartier-Bresson (col quale nel ’47 fondò l’agenzia indipendente Magnum), è considerato il padre del fotogiornalismo. I suoi reportage di guerra (fu inviato in cinque fronti bellici, e perse la vita su una mina in Vietnam) hanno lasciato immagini memorabili, spesso prese a simbolo di un evento.

Dopo Roma, Firenze e Genova, anche a Milano   dal 30 gennaio al 26 aprile, nello Spazio Oberdan (P.ta Venezia) – è possibile vedere la mostra “Robert Capa in Italia”, con 78 sue celeberrime foto conservate dal Museo Nazionale Ungherese (Magyar Nemzeti Múzeum) di Budapest. Scatti in bianco e nero che mostrano le emozioni brutte – fame, paura disperazione – ma anche quelle bella – speranza, gioia, sorpresa – del biennio ’43-’44.


Un lato poco conosciuto di Capa sono le sue foto a colori, specie quelle prodotte per rotocalchi americani ed europei sulla “dolce vita” postbellica. A colmare il vuoto ci ha pensato nel 2014 l’editore Mondadori Electa con Robert Capa colore, un prezioso volume di foto pubblicato la prima volta negli USA in occasione di una mostra dell’International Center of Photography a New York.
Troviamo foto legate non solo al fotogiornalismo di guerra, ma anche al glamour: la vita di personaggi famosi, come Ernest Hemingway, la moda, il jet set europeo (Parigi, montagne svizzere, Roma...). Un’attività che Capa intraprese per assicurare ordini alla sua agenzia fotografica, ma che non spense la sua passione sociale (antifascista) dei suoi primi reportage. Così nel ’52 partecipò al progetto Gen X, per rappresentare l’indecifrabile nuova generazione postbellica.
Il libro contiene anche alcuni scritti di Capa ed altri a commento dei reportage. Imperdibili quelli su Budapest (sua città natale), in cui tornò brevemente nel 1948, e sull’Urss agli albori della “guerra fredda”, dove fu inviato con John Steinbeck.

Un libro seducente e un monumento alla memoria.

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