Ho già riportato alcuni
consigli per chi vuole recarsi in Ungheria (v. post del 7 agosto
'15).
Ora propongo alcuni elenchi di
cose da sapere per chi, ungherese, vuole venire a visitare l'Italia.
Un
elenco di luoghi comuni (közhelyek)
sugli
italiani, in parte fondati, era stato elaborato e analizzato nel 2007
sul sito di RAI International:
-
cantano
-
mangiano pasta
-
vivono di arte
-
sono cattolici
-
devono fare i conti con mafia e terrorismo
-
sono appassionati di calcio
-
bevono il caffè
-
sono poveri.
Un
altro elenco di luoghi comuni (infondati?) è stato elaborato di
recente dal Ministero dello Sviluppo Economico (in occasione del
World Economic Forum del 2015): uno spot pubblicitario – Italy the Extraordinary Commonplace
– per sostenere che “l'Italia non è solo cibo, vino, moda e
design, ma anche un produttore di beni tecnologici, secondo
esportatore europeo nel settore meccanica e dell'automazione” (una
volta gli italiani si autoelogiavano dipingendosi come “un
popolo
di santi, poeti e navigatori”).
Ecco l'elenco:
-
pizza makers
-
latin lovers
-
party addicts
-
gesticulators
-
eternal children
-
food enthusiast
-
dolce vita lovers
-
football maniacs.
Insomma, gli italiani non sono
“mafia, pizza e mandolino”, e neppure “scansafatiche e
inaffidabili” o inguaribili “dongiovanni”, come ancora certa
pubblicità o certi titoli ad effetto dei rotocalchi popolari si
ostinano a rappresentare.
I
soliti americani propongono 11 cose da sapere prima di venire in
Italia (11Travel Trips Italians Want You To Know,
di Lisa Condie, blogger dell'HuffPost USA, settembre 2014):
1.
cena: tra le 19.30 e le 21
2.
pelle: non mostrata così tanto
3.
pane: non viene servito con olio o aceto balsamico (se non si tratta
di amercani)
4.
semplifica il tuo programmatore
5.
chiuso di pomeriggio
6.
taxi: non si chiamano per strada
7.
si parla italiano
8.
coperto: importo per persona a tavola (mancia non necessaria)
9.
chiedi il conto (non arriva automaticamente)
10.
rallenta, non puoi vedere tutto
11.
sorridi, è un paese che ha ispirato i visitatori per secoli.
Abbastanza
stereotipato anche il recente elenco di 10
cose sull'Italia che scioccano i turisti la prima volta, su
un sito
inglese: il
rumore; il menù complesso; la colazione poco saporita; gesticolare
con le mani; la devozione alla famiglia; le carreggiate strette; la
mancanza di spazio personale; la pausa pranzo; il caffè; la vita
lenta.
Prima di arrivare ai miei
consigli per ungheresi in Italia, alcune avvertenze.
Non
esiste l'italiano-tipo (quello proposto da cinema o tv nel mondo –
facilone, gesticolatore, furbo nell'arrangiarsi – è la versione
stereotipata di alcune “maschere”
del centro-sud).
Non esistono usi e costumi
generalizzabili (quelli creduti dagli stranieri sono pregiudizi,
spesso negativi).
L'Italia
ha una eterogeneità culturale unica in Europa. Ci sono 20 regioni,
22 famiglie di dialetti – (anche diversissisimi tra loro e che si
differenziano ulteriormente zona per zona): aggiunte alle altre
lingue non italiane, si arriva a 36 lingue diverse (dato Ethnologue
2013).
L'Italia è il paese dei molti
campanilismi e dal territorio estrememente variegato: caratteristiche
che, assieme all'essere stata per secoli crocevia europeo di tanti
popoli diversi, hanno determinato una grande diversificazione
culturale.
Ecco
dunque i miei personalissimi consigli (tanácsok).
Tralascio quelli soliti che
si danno a chi viaggia (documenti, soldi, orari ecc.) e cerco di
evitare stereotipi e pregiudizi (v. post del 7 gennaio '14, 23 marzo
e 20 maggio 2015).
a)
Scoprite il “genius
loci”
in sagre e feste. L'Italia,
specie d'estate, è percorse da sagre o fiere (dall'aglio alla
zucca), pali (non solo Siena), feste patronali (con relative
processioni dove il cattolicesimo ha incorporato i riti pagani). Ecco
un sito che può aiutare a trovare quella più vicina.
b)
Fate
conoscenze. È
facile fare conoscenza con gli italiani, ospitali e accoglienti
(specie al centro-sud). Fatte le presentazioni di rito, si può
passare a darsi del tu e anche a frequentarsi.
c)
Cercate
il cibo da strada
(street
food).
L'Italia è il paese della pasta (e del caffè), ma è anche il paese
del pane. Si trova in svariate varietà e in versioni adatte come
cibo da strada (da solo o col companatico): focaccia, grissino,
piadina, gnocco fritto ecc. Cibo semplice e gustoso.
d)
Evitate gli orrori culinari. Gustate
l'enogastroomia italiana come si deve (il ketchup sulla pizza no!),
facendovi consigliare ed evitando i 10“orrori”elencati dall'Accademia Barilla.
e)
Chiedete prima il prezzo. Nei
ristoranti, nei negozi o al mercato, chiedete prima i prezzi, per non
rischiare fregature (accadono, ahinoi!). Potete anche mercanteggiare
sul prezzo, come consiglia anche un detto ungherese: alkudj
czigányosan, fizess becsületesen (mercanteggia
al modo zigano, paga onestamente).
f)
Scoprite l'ignoto. Dimenticate
i luoghi comuni o gli sereotipi e non limitatevi alle attrazioni
principali. L'Italia ha il più grande patrimonio culturale nel mondo
(anche se insufficientemente valorizzato): oltre 3.400 musei, circa
2.100 aree e parchi archeologici, 51 siti Unesco. Prima di partire,
selezionate l'itinerario, ma, se avete tempo, lasciatevi guidare
dalla curiosità della scoperta casuale.
Eccoci
ai souvenir
italiani (olasz
emlékezik).
Evitare,
se possibile, i negozi per turisti e fate attenzione al taroccamento
(hamisítás)!
Consiglio
innanzitutto i souvenir enogastronomici, le specialità locali: vini,
aceto balsamico, olio di oliva, formaggi, salumi e conserve, dolci e
biscotti,
che si possono acquistare anche direttamente dal produttore. E
ricordatevi di assaggiare il gelato artigianale italiano!
Poi
i prodotti artigianali: ogni Regione ne ha di originali, dal vetro
alle pelli,
dal legno
a pietre
e metalli,
dalle ceramiche
alle terracotte,
dai merletti
ai ricami.
Anche in questo caso, cercate di acquistare direttamente
dall'artigiano.
E
poiché noi italiani non ci facciamo mancare un po' di
autolesionismo, ecco in sintesi una fotografia impietosa dei limiti
dell'Italia, secondo il Censis
(48°
rapporto sulla situazione sociale del paese nel 2014):
italiani vulnerabili (crisi economica), capitale umano dissipato
(bassa occupazione), ceto medio corroso (più diseguaglianze e meno
inclusione), famiglie a consumo zero, sempre meno figli, investimenti
ai minimi, riforme fallimentari.