Aki
sokat ígér, keveset ad;
dall'ungherese “chi promette tanto, poco dà”. Praticamente
uguale al proverbio italiano: chi molto promette, poco mantiene.
Cominciare
un nuovo anno – forse ancora di stagnazione economica e crisi
sociale – con questo proverbio, serve a tenere gli occhi aperti.
Questo
precetto mette in guardia dal credere troppo facilmente a chi
“promette mari e monti” (“le mente del politico mente”, si
dice in Italia).
Anche
quest’ultimo modo di dire italiano ha un equivalente ungherese:
“fűt-fát ígér”,
e si sa che chi fa promesse
eccessive non ha intenzione di mantenerle. In questo modo di dire
ungherese compare una ikerszó,
parola doppia o gemella, traducibile
come “erba-albero”. La lingua magiara è piena di parole gemelle
(ikerszavak), create da poeti ma
più spesso dalla fantasia popolare – frutto dell’ingegnosità
della “gente semplice” (egyszerű
emberek) o “figli del popolo”
(nép fiai)
– ed entrati nel linguaggio comune.
Tornando
alla “promessa” (igéret),
di essa si occupano vari proverbi, per circostanze anche opposte:
“ogni promessa è debito”
è l’impegno dell’uomo d’onore, ma “promettere
non costa nulla” è il motto
dell’imbroglione (o del gradasso), e così succede che “nel
paese delle promesse si muore di fame”.
Una
persona dotata di morale è Gino Strada, fondatore di Emergency,
che così riflette: “Promettere costa poco, si dice, se poi non si
mantiene l’impegno. E non farlo? Costa ancor meno, praticamente
niente, basta girarsi dall'altra parte. Una promessa è un impegno, è
il mettersi ancora in corsa, è il non sedersi su quel che si è
fatto. Dà nuove responsabilità, obbliga a cercare, a trovare nuove
energie”.
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