Oggi a Parigi una
folla straordinaria – di vario orientamento politico e religioso,
di varie nazionalità ed etnie – manifesta per la pace e contro il
terrorismo, in solidarietà alle vittime francesi (i giornalisti di
Charlie Hebdo e i due polizziotti prima, i clienti di un negozio ebraico poi).
Vorrei essere là,
perché mi sento colpito direttamente (anni fa anch'io ho fatto
vignette, per esprimere, più direttamente di un lungo ragionamento,
la mia critica a certe ingiustizie).
Ci sarà gente
comune e ci saranno capi di stato e di governo: dalla Merkel a
Cameron; per l'Italia c'è Matteo Renzi, per l'Ungheria Orbán
Viktor. Alcuni di questi leader, forse, non apprezzano la satira
irriverente di Charlie
(che
ha sempre preso di mire l'errore, non l'errante, e che apprezzo dai
tempi dei primi Linus,
Frigidaire e
altre riviste comico-satiriche degli anni '70),
ma l'ipocrisia è comunque un omaggio alla virtù.
La
virtù della libertà di parola (szólászabadság),
la virtù della laicità (világiasság),
cioè
la concezione di uno Stato senza dogmi, dove politica e religione
sono separati.
Chi rappresenta questa visione
del mondo viene considerato un nemico dal fondamentalismo religioso,
islamico in questo caso. Ma non dimentichiamo che il terrorismo trova
seguaci anche nelle nostre società, che il fanatismo è agevolato da
disegualianze sociali e discriminazioni xenofobe. E anche
dall'ipocrisia dei governi democratici che non criticano paesi come
l'Arabia Saudita, dove un blogger (Raef Badawi) è condannato a 10
anni di galera, 200mila dollari di multa e mille frustate (50 ogni
venerdì, in pratica una morte lenta tramite tortura), solo per le
sue parole critiche.
Come se ne esce?
Non limitandosi a chiedere più
sicurezza (per la quale l'UE potrebbe fare senz'altro meglio, se
integrasse polizie e intelligence), ma rendendo più effettivi quei
principi scolpiti oltre due secoli fa in Francia: liberté, égalité,
fraternité.
Se ne esce anche con il dialogo
interculturale, che non significa semplice tolleranza di una società
multiculturale, ma confronto e critica tra identità che si mettono
in gioco e considerano la diversità una ricchezza.
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