Non si limitava
alle lezioni teoriche di storia dell’arte: chiedeva ai suoi studenti di
produrre scientificamente schede descrittive delle opere d’arte, basate sull’osservazione
diretta e l’analisi dei presupposti tecnici e stilistici. Questa è l’esperienza
formativa, coinvolgente per gli occhi e per la mente, che il professor Boskovits
Miklós (1932-2011) ha lasciato ai suoi studenti.
Quelli dell’Università
Cattolica di Milano lo hanno ricordato, producendo un bel libro, Dipinti in Valpadana tra Medioevo e Rinascimento
(a cura di Francesco Frangi, Scalpendi - 2013), con le schede di oltre
venti dipinti di pittori del Nord Italia conservati nel Museo di Belle Arti di
Budapest (Szépművészeti Múzeum, che ha collaborato al progetto tramite i suoi conservatori: Sallay Dóra, Tátrai Vilmos, Vécsey Axel e Dobos
Zsuzsanna).
Boskovits Miklós rappresenta
forse il più eminente storico
dell’arte di origine ungherese, e viene considerato il massimo esperto di pittura medievale fiorentina (XI-XIV
sec.).
Nasce a Budapest
e da giovane manifesta due passioni: la canoa, che pratica sul suo Danubio, e l’arte,
specie la pittura rinascimentale italiana. Si laurea in storia dell’arte alla
ELTE ma, insofferente delle limitazioni
ai suoi viaggi, nel 1968 fugge dall’Ungheria (le leggi dell’epoca non gli avrebbero
consentito di rientrare) e chiede asilo politico all’Italia. Senza un
quattrino, viene accolto e protetto da Carlo Volpe, e conosce l’altro grande
storico dell’arte, Roberto Longhi.
Inizia la
carriera universitaria nel ’77 a Cosenza, e poi alla Cattolica di Milano dall’80;
la conclude a Firenze, insegnando dal ’95 storia dell’arte medievale,
subentrando a Mina Gregori.
Schivo e
instancabile, quando va in pensione non interrompe la sua opera, ma continua
come volontario in una biblioteca d’arte.
Collabora alla
realizzazione di vari cataloghi e mostre, anche all’estero (Berlino,
Washington).
È autore di
diversi saggi, tra cui la monografia su Botticelli. Suo è il primo
studio organico sui mosaici del battistero di San Giovanni a Firenze (il più imponente
ciclo musivo del Duecento in Toscana), che diventa parte del monumentale progetto
del Corpus of fiorentine painting,
concepito nel 1930 da Richard Offner. In una delle poche interviste rilasciate
racconta che “Offner aveva finanziato un’eccezionale
campagna fotografica per la realizzazione del progetto. Insegnava in America e
non appena i corsi erano finiti metteva le fotografie in due enormi bauli,
prendeva la nave e veniva a Firenze, dove lavorava al progetto. Riuscì a
occuparsene fino al 1965, naturalmente senza arrivare a completarlo. Altri due
libri li realizzò la sua collaboratrice Klara Steinweg, ma alla morte della
studiosa il progetto si interruppe per qualche anno.” Lo riprese Mina
Gregori, che lo affidò a Boskovits e nel 1984 fu pubblicato il primo volume.
É stato membro onorario di varie istituzioni di grande prestigio (tra cui la Fondazione Roberto Longhi e il Kunsthistorisches Institut di Firenze) e, dal 1998, membro esterno della Magyar Tudományos Akadémia di Budapest (Accademia Ungherese delle Scienze).
Infine, all’italo-ungherese Boskovits è stata dedicata la mostra Gli
Autoritratti Ungheresi degli Uffizi (Firenze, autunno 2013), che documenta – tramite 23 autoritratti di
artisti ungheresi – l’arte figurativa magiara dall’Ottocento ad oggi.
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