Minél több dolog
változik, annál több dolog marad ugyanaz (quanto più le cose cambiano, tanto
più rimangono le stesse). Questo proverbio, il cui significato è che i
cambiamenti turbolenti non incidono sulla realtà in modo profondo e non fanno
altro che rafforzare lo status quo, non ha un equivalente italiano. Ma pare che
non sia proprio un proverbio, bensì un epigramma del critico francese Jean-Baptiste Alphonse Karr (1808-1890),
editore del quotidiano parigino Le Figaro
e del mensile Les Guêpes. Su
quest’ultimo, nel 1849, fu pubblicata l’espressione: “plus ça change,
plus c'est la même chose”, che passò come sentenza anche nell’uso anglosassone
(“the more things change the more they
stay the same”) e in altre parti del mondo.
Da eventi
collettivi, tale “proverbio” è passato anche a indicare situazioni della vita
in cui una persona si sforza di cambiare il mondo attorno a sé, ma senza
risultato dato che non riesce neppure a cambiare se stessa. È questo il caso
della serie tv americana Everwood (2°
stagione).
La frase viene anche ripresa da un diffusissimo videogame
sparatutto, Call of Duty (noto anche
come Modern Warfare 2, MW2), per
bocca del generale Shepherd.
Un’analogia ce l’ha il modo di dire italiano “Cambiare tutto per non cambiare niente”.
Questo detto deriva dall’adattamento di una frase di un personaggio romanzesco.
Si tratta di Tancredi, nipote del principe di Salina, che – di fronte
all’arrivo dei garibaldini in Sicilia e al possibile cambio di regime –
afferma: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Il Gattopardo è il romanzo da cui è
tratto, scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) e pubblicato
postumo nel 1958 (nel 1961 è stato tradotto anche in Ungheria, A párduc). Ne è stato tratto anche un
film di successo, diretto da Luchino Visconti nel 1963. Da allora
“gattopardismo” (sinonimo di “trasformismo”, in ungh. transzformizmus) si usa per etichettare quei comportamenti dei ceti
dominanti che – in un nuovo contesto socio-politico – simulano un cambiamento
per conservare i privilegi.
Mutatis mutandi, è
il rischio che si corre ogni volta che si sperano/temono grandi cambiamenti,
magari annunciati – come oggi in Italia – da uno scontro generazionale che si
manifesta periodicamente (ricordo nei ribelli anni ’50-’60 del XX secolo il
costume giovanile di additare gli adulti come “matusa”).
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