E
il vin fumoso, a me vie più interdetto
che 'l tòsco, costì a inviti si tracanna,
e sacrilegio è non ber molto e schietto.
che 'l tòsco, costì a inviti si tracanna,
e sacrilegio è non ber molto e schietto.
Tutti
li cibi sono con pepe e canna
di amomo e d'altri aròmati, che tutti
come nocivi il medico mi danna.
di amomo e d'altri aròmati, che tutti
come nocivi il medico mi danna.
Così si giustificava Ludovico Ariosto (1474-1533), uno dei
più grandi letterati dell’umanesimo italiano, riferendosi all’Ungheria in una Satira indirizzata al fratello. Gli
avrebbero fatto male, tra l’altro, i forti vini tracannati d’un fiato ad ogni
brindisi, secondo l’uso locale, e i cibi pieni di pepe e altre spezie, proibiti
dal medico. In realtà, si trattava di pretesti per evitare di seguire a Eger
nel 1517 il cardinale Ippolito d’Este, con cui era in contrasto dopo la
pubblicazione dell’Orlando Furioso (e, probabilmente, anche per
restare vicino alla sua amante, Alessandra Benucci, vedova da due anni).
A distanza di mezzo millennio, queste “pecche” della cucina
ungherese sono diventati due simboli dell’alimentazione magiara: la pálinka e
la paprika.
La pálinka è un
brandy che assomiglia alla nostra grappa. È un distillato di frutta: prugna,
albicocca, ciliegia, pera, quelle più utilizzate (raramente è un acquavite). Ce
ne sono di vari prezzi e di svariati tipi; cambia anche nome secondo la
lavorazione: kisüsti (doppia
fermentazione); érlet (invecchiata in
botti 6-12 mesi); ó (invecchiata 1-2
anni); ágyas (invecchiata almeno 3
mesi con la frutta). Ce n’è anche una come la nostrana acquavite: törköly, la più rinomata delle quali
proviene dalle vinacce del più famoso vino ungherese, il tokaj.
Durante il regime socialista, veniva prodotta anche
clandestinamente. Oggi la produzione è agevolata dallo Stato e la produzione è
notevolmente aumentata (1,26 milioni di litri nel 2010).
È il liquore nazionale ungherese, ad alta gradazione (50%
vol). La pálinka si beve a temperatura ambiente, in piccoli bicchierini e...
prima dei pasti (anche a colazione!). Nel brindisi, si fanno tintinnare i
bicchieri guardandosi negli occhi e si augura: egészségedre! (alla tua salute!).
La paprika, più
precisamente pirospaprika (“peperone
rosso”) è una polvere rossa ricavata da peperoni (in ungh. paprika significa peperone). Insaporisce numerosi piatti e dà loro
un colore rossastro. Ce ne sono di vari tipi, dolci o piccanti, delicati o
forti; è l’alimento più ricco di carotenoidi e ha effetti benefici sulla salute
(stimola la digestione, aiuta la circolazione, è tonica e antisettica). Il
peperone è stato valorizzato anche dallo scienziato ungherese Szent-Györgyi de Nagyrápolt Albert
(1893-1986), premio Nobel nel 1938, che scoprì la vitamina C.
Nella cucina europea, la pàprica è stata introdotta proprio
dagli ungheresi, che l’adottarono dai turchi: paprika deriva dal serbo papar,
che risale al latino piper (“pepe”).
È il condimento caratteristico della cucina ungherese, ma non
è un prodotto locale antico, essendo stato introdotto solo sul finire del XVIII
secolo (prima di allora si usava il pepe, bors).
Infine è ingrediente indispensabile in uno dei piatti ungheresi più famosi: il gulyás leves (“zuppa del mandriano”),
più conosciuta col nome tedesco, gulasch.
È sperabile che questi due alimenti
abbiano il meritato rilievo nel padiglione ungherese dell’EXPO 2015 a Milano. Nella cerimonia pubblica di adesione
dell’Ungheria all’Expo (13 giugno 2013), è stato sottolineato che la presenza
ungherese si caratterizzerà sui seguenti temi: acqua, acque minerali e termali,
produzioni agricole (come in Italia, non c’è grano OGM). Sul padiglione
campeggerà una foto di Budapest, sopra una parafrasi di una citazione dalla
Divina Commedia (ungh. Isteni Színjáték):
“koronája ama földnek, amelyet a Duna
szel át”. Dante si riferisce all’Ungheria “terra attraversata dal Danubio”
e in particolare a Carlo Martello, incoronato re d’Ungheria nel 1292, dopo la
morte dello zio Lázló IV.
Ecco il verso completo (seguito
dalla traduzione in ungherese), dal canto 8 del Paradiso:
Fulgíemi
già in fronte la corona
di quella terra che 'l Danubio riga
poi che le ripe tedesche abbandona.
di quella terra che 'l Danubio riga
poi che le ripe tedesche abbandona.
S a világ látta, hogy homlokomon van
ama föld koronája, hol az osztrák
partoktól elvált Duna vize csobban.
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