Eccoci al 1005° proverbio ungherese.
Aki hizelkedik, vagy
megcsalt vagy meg akar csalni, letteralmente: “chi ti lusinga, o ti ha
ingannato o ti vuole ingannare”.
L’equivalente italiano (più musicale) è: “chi t’accarezza
più di quel che suole, o t’ha ingannato o ingannar ti vuole”.
In questo proverbio ungherese la forma è sacrificata al
contenuto. Si tratta di una messa in guardia dai comportamenti altrui, un
proverbio che rientra nella categoria “istruttivi”: dà consigli di vita
quotidiana, in particolare nelle relazioni interpersonali.
Di tale categoria di proverbi, uno tra i più noti e usati in
Italia è “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. In Ungheria non esiste un
proverbio equivalente; la traduzione fedele in ungherese sarebbe "Bízni jó, nem bízni
még jobb”.
A proposito di questa meditazione collettiva che sono i
proverbi, Carlo Lapucci - nell’introduzione al Dizionario dei proverbi italiani (Mondadori) – ne sottolinea il
senso: “un enorme e fedele specchio di quello che si vede e di quello che non
si vede. E un evidenziatore che si deposita e si adatta sul mondo: non astrae,
non sintetizza, ma accompagna la vita e le cose”. Secondo Lapucci un “sistema
proverbiale” non è un trattato scientifico, non enuncia mai regole assolute, “non
tende alla generalizzazione, ma all’individuazione, cerca l’eccezione più che
la regola sapendo che ogni caso fa regola a sé: si dilata e si restringe come
il linguaggio, rifugge da un’esattezza impossibile, lasciando largo margine
all’interpretazione e alla discrezionalità. Si potrebbe dire che il presupposto
sia anche scientifico, ma in senso molto moderno, in quanto non solo non assolutizza,
ma è disposto a prevedere perfino l’evento contrario”.
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