Il modo di dire di luglio è un’allegoria possibile solo nel lessico ungherese.
Egyik gubás, másik subás, letteralmente “l’uno col pastrano e l’altro col mantello”, sta a indicare due persone che sembrano diverse ma in realtà sono molto simili.
Il detto italiano equivalente è “tutti d’un pelo e d’una lana”, cioè persone della stessa indole. Per il poeta Giuseppe Giusti (1809-1850) significava “essere tutti uguali, ma quasi sempre in senso tristo”. Oggi si usa maggiormente il modo di dire “essere della stessa risma”, solitamente usato per le persone in senso spregiativo. Ancor più semplicemente, e spesso in modo qualunquista, s’usa dire: “son tutti uguali!”.
Il guba era una specie di pastrano di panno (ma anche giubba), di solito associato a gente povera. Il suba un mantello di montone, associato ai ricchi.
Ecco perché un altro proverbio – il 765 della mia raccolta Affida il cavolo alla capra – utilizza i due termini per rappresentare una differenza di classe: suba subához, guba gubához, “il mantello (va) dal mantello, il pastrano (va) dal pastrano”, e cioè i ricchi stiano coi ricchi e i poveri coi poveri.
L’equivalente italiano (meno classista) è: “donne e buoi dei paesi tuoi”.
Si nota un diverso utilizzo degli stessi due sostantivi: nel primo caso per indicare una similitudine; nel secondo, una differenza
Questo detto ungherese ha una forma quasi perfetta (in detti e proverbi la forma è spesso più interessante del contenuto). Ci sono: brevità, rima e ritmo. E c’è anche un “bisticcio” (gioco di parole): due parole simili ma di significato diverso.
In tal modo un motto è incisivo e s’incide nella memoria, affiorando poi nel discorso quando la situazione lo richiede. Una tecnica di cui s’è appropriata l’adversiting, l’industria della pubblicità, per catturare i potenziali clienti.
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