Sospendo l'aggiornamento di questo
blog, a tempo indeterminato. Per quest'attività, piacevole e
impegnativa (spesso dietro un breve post ci sono lunghe letture e
laboriose ricerche), serve una spinta propulsiva, che ora è venuta a
mancare.
Un primo motivo è che l'attuale
politica ungherese (e di altri paesi dell'Est) sta oscurando lo
spazio multiculturale europeo. L'Europa sarà multiculturale o non
sarà, ne sono convinto.
Invece, Orbán
Viktor (che alcuni ungheresi sarcasticamente chiamano “Viktator”)
teme l'immigrazione come una pericolosa contaminazione, e la respinge
addirittura in nome della “difesa della radici cristiane
dell'Europa” (ma in modo opposto agli appelli di Papa Francesco su
accoglienza e misericordia).
Insomma, il governo ungherese sembra
percorrere all'incontrario il percorso che ha portato l'Ungheria ad
integrarsi in Europa. Orbán
critica le “democrazie liberali”, lancia accuse all'Europa
occidentale, e nel contempo fa accordi con Putin e simpatizza per il
dispotismo asiatico di “successo” (Singapore, Corea ecc.). Inoltre, in quasi tutta Europa, ricca Svizzera compresa, i centristi moderati sposano politiche della destra xenofoba.
Ne sono allarmato.
Un secondo motivo, forse più decisivo,
è la bassa reattività della società civile e dell'intellettualità
ungherese e italo-ungherese.
Un piccolo esempio è la reazione al
mio post del 16 settembre
(Szívtelen
Magyarország?).
Una lettrice mi ha gratificato, ringraziandomi per un post scritto
col cuore e la ragione. Un'altra lettrice ha espresso il parere
opposto, sostenendo le posizioni anti-immigrati. Ma mi aspettavo più
commenti, anche critici.
Un
esempio maggiore è la reazione degli intellettuali: l'italiano
Claudio Magris ha sottoscritto un messaggio-appello (su Sette,
supplemento
del CdS)
per un'Europa civile e accogliente; un'articolo dell'italoungherese
Giorgio Pressburger ha ricordato il proprio esodo dall'Ungheria (su
Repubblica);
alcuni
direttori di giornali di tutta Europa, tra cui il direttore del
quotidiano ungherese Nép
Szabadság,
hanno
lanciato un
appello per un'Europa
più coraggiosa e aperta. Oltre all'intervista della filosofa
ungherese Heller Agnés su Repubblica
(post del 25 agosto '15), nulla più.
Ne
sono amareggiato.
Eppure, nella storia dell'Ungheria ci
sono risposte ai problemi di oggi. I magiari, che non sono un'etnia
(somaticamente non li distinguo dagli italiani) ma una nazione
fondata su lingua e cultura originali, sono stati capaci di
mischiarsi ad altri popoli, assimilandoli (a volte forzandoli con la
“magiarizzazione”): dai cumani (kun) nel XIII secolo fino
a sassoni e svevi (szászok
és svábok)
nel XVIII secolo. Ne sono ancora testimonianaza, tra l'altro, la
diffusione di cognomi come Tóth
(slovacco/slavo), Horváth (croato), Németh (tedesco), Oláh
(romanico), Rácz (serbo), Kun (cumano) e, addirittura, Török
(turco).
Battersi per la multiculturalità,
adottando politiche interculturali, per i piccoli popoli significa
battersi per la propria sopravvivenza. E l'UNESCO ricorda che la
diversità culturale è un bene prezioso da salvaguardare al pari
della biodiversità.
Se in Europa, o in parte di essa, torna
l'oscurantismo, ci aspettano tempi bui. Il mese scorso il Presidente
italiano, Sergio Mattarella, di fronte ai “duri” dell'Est Europa
ha detto: “Siamo di fronte a fenomeni epocali, che vanno affrontati
con scelte lungimiranti. Non è possibile farlo con la chiusura delle
frontiere o con il filo spinato. Sono soluzioni illusorie. I fenomeni
migratori possono essere governati e regolati. Ma non possono farlo i
singoli Paesi da soli. Serve l'Ue nel suo complesso”.
Ho fiducia negli anticorpi della
civiltà europea, libera e democratica, anche se i nazionalismi e i
fondamentalismi alimentano quella “terza guerra mondiale a
pezzetti” di cui parla papa Francesco; pertanto prevedo tempi lunghi.
Nel frattempo, poiché la politica ha
invaso il campo della cultura, salvaguardo la mia salute (in passato
mi è capitato di fare il Don Chisciotte e ne ho pagato il prezzo) e
sospendo la parola scritta.
PS: naturalmente continuerò ad
appassionarmi a lingua e cultura magiare. E, se mi chiamerà
un'associazione italo-ungherese o una biblioteca, sarò ancora ben
lieto di parlarne, presentando il mio libro bilingue di
proverbi ungheresi. Arrivederci?