Porta (kapu) tipica dei Székely. |
[“Siculi di Transilvania: fra
Ungheria, Romania e la riscoperta della propria identità”, articolo di Aron Coceancig, tratto dal suo blog e pubblicato sul n.
7/2014 della rivista MOST]
“Ma come, esistono Siculi
in Transilvania?” E’ un’interrogativo che forse alcuni di voi si sono posti, almeno chi non
ha avuto il piacere di visitare la Terra Siculorum, regione storica della
Transilvania orientale. In queste terre montagnose, difficilmente
raggiungibili dalle scarse infrastrutture romene, abitano i Siculi,
generalmente chiamati Székely in ungherese . No, non si tratta di “Siculi
siciliani”, anche se in passato alcuni umanisti abbozzarono una parentela fra i
due popoli , ma di una peculiare comunità etnica di lingua ungherese, da sempre
attraversata dal contrasto fra l’essere ungheresi e il difendere una propria
identità locale.
«Noi Székely abbiamo il
diritto di essere orgogliosi perchè discendiamo da Attila e dagli Unni». Queste
parole sono state pronunciate da uno dei più famosi personaggi transilvani, il
conte Dracula, nel romanzo di Stoker. Personaggio immaginario certo, ma che ci
aiuta a comprendere come gli occidentali consideravano questi Siculi.
Popolazione rude e forte, dalla spiccata propensione all’arte della guerra. I
Székely erano abili militari del Regno d’Ungheria che durante i periodi di pace
venivano utilizzati come guardie di confine nei territori più vulnerabili,
come appunto i Carpazi orientali, dove vennero trasferiti alla fine del XII°
secolo.
La loro origine rimane
sconosciuta; c’è chi li considera discendenti dagli Unni, chi da
popolazioni centro-asiatiche, quello che rimane certo è che per lunga parte
della loro storia sono stati alleati indissolubili dei Re magiari, di cui erano
la truppa d’assalto. Proprio il rapporto con il Re e con la guerra sono stati
fondamentali per definire questa comunità, le cui terre autonome, non soggette
a tassazione e coltivate in comune, resero difficile l’instaurazione di un
sistema feudale.
I Székely sono indissolubilmente
legati alla storia della Transilvania. Nel 1437 sono citati fra le tre
natio costitutive del Principato, mentre nei secoli a venire sono protagonisti
di numerose rivolte contro i Principi ungheresi prima, e asburgici poi. Durante
la rivoluzione del 1848 non solo si alleano con gli ungheresi, contro l’impero
Asburgico, ma si dissolvono nella Nazione magiara. Da allora, i Székely
fanno parte, a tutti gli effetti, della Nazione ungherese. Anche quando
dopo la prima guerra mondiale la Transilvania diventa parte della Romania, ed i
Székely, come molti altri ungheresi, diventano minoranza all’interno di uno
Stato che non solo non ha la volontà di integrarli, ma anzi avvia pratiche discriminatorie
e assimilatrici.
Oggi, nella Transilvania
del XXI° secolo, i Székely rappresentano la più grande comunità allogena, contando più
di 600.000 persone. Nell’ultimo secolo infatti, questa regione
multiculturale è andata incontro ad una feroce semplificazione nazionale,
vedendo numerose minoranze scomparire sotto il peso di guerra ed ideologie .
Gli ungheresi di Transilvania invece resistono; anche se “divisi” fra Székely e
non-Székely, non solo da caratteristiche culturali o storiche, ma sempre più
spesso da dati sociali. La comunità ungherese negli ultimi decenni ha subito un
forte calo demografico ed oggi si trova a vivere principalmente in minoranza, i
Székely invece vivono compattamente nella regione che chiamano “Terra dei
Siculi” [Székelyföld], ed hanno dimostrato una sostanziale tenuta numerica.
La Terra dei Siculi è una
regione storica che oggi non gode né di unità amministrativa, né di alcuna
forma di autonomia. L’autonomia è stata persa prima nel 1876, con la riforma
dell’Impero Asburgico, e poi nel 1968, con l’avvento di Ceauşescu che eliminò
la Regione Autonoma Ungherese. Da allora questa comunità è divisa in tre
contee: Hargita dove rappresenta l’85,2% della popolazione, Covasna con il
73,7% e Mures con il 38,1%. In realtà questi dati, ricavati dal censimento del
2011, indicano la percentuale di ungheresi, infatti solo poche centinaia di
persone si dichiarano Székely. Nel censimento romeno la voce Székely è stata
inserita nel 1977 , quando Ceauşescu volle usare questa possibilità per
dividere gli ungheresi; obbiettivo non raggiunto, né allora né oggi.
La comunità sicula visse
un periodo difficile, fra gli anni ’80 e ’90, quando fu schiacciata tra il
conflitto con lo Stato romeno (dal carattere fortemente nazionalista e repressivo)
e la necessità dell’unità con la comunità ungherese (alleata di sempre), il cui
rapporto era considerato vitale per la sopravvivenza. Simbolo di questi anni
sono gli scontri etnici di Târgu Mureş del 1990, quando gruppi di nazionalisti
romeni attaccarono gli ungheresi e abbatterono le insegne bilingui della città
. Sono questi i mesi in cui le speranze nel cambiamento sancito dal 1989
vengono meno, lasciando spazio alla paura del “nuovo” montante nazionalismo.
Il senso di accerchiamento e di minaccia che vive la comunità ungherese
favorisce così la marginalizzazione dell’identità seclera, vista dai più come
possibile fonte di debolezza.
La propensione a valutare
l’identità sicula in maniera “negativa” si è smarrita negli ultimi anni, in
particolare dopo il 2004, quando: il 7 gennaio nasce il Consiglio Nazionale
Siculo; mentre a dicembre, in Ungheria, un referendum sulla possibilità di
concedere la cittadinanza ungherese alle minoranze all’estero viene bocciato.
Da questo momento, fra i Székely, si fà largo la convinzione di non poter
aspettare aiuto dalla “madrepatria”, ma di poter contare esclusivamente sulle
proprie forze.
A questi eventi se ne
aggiungono due, non meno importanti, ma più dilatati nel tempo: l‘integrazione
nell’UE e la richiesta di autonomia. Una delle principali rivendicazioni
della comunità è il riconoscimento dell’esistenza della Terra dei Siculi come
regione autonoma. Richiesta, fino ad ora, sempre scontratasi con il rifiuto dei
governi romeni. Dalla fine degli anni ’90 però il processo di adesione all’UE
ha creato nuove prospettive. La decentralizzazione ha dato maggiori
opportunità agli amministratori locali, mentre in ottica europea hanno
acquistato vigore le richieste di una modifica amministrativa in grado di
riproporre le regioni storiche, fra cui la Terra dei Siculi. L’UE inoltre,
tramite un vigoroso apparato legislativo e “ideologico”, incentiva la proliferazione
e il rafforzamento di identità locali e regionali. Questo apre nuove
possibilità e spazi per i Székely che non perdono occasione di proporre la loro
questione a livello europeo. Un esempio è l’apertura nel 2011 a Bruxelles
dell’Ufficio di Rappresentanza della Terra dei Siculi, accolto con numerose
critiche a Bucareşt.
I rapporti tra i Székely e
i governi romeni sono stati contrassegnati da non rari momenti di tensione, per lo più causati e
utilizzati dai partiti politici che grazie a tematiche nazionaliste riescono, o
almeno sperano, di dirottare l’attenzione pubblica dalla crisi economica e
sociale che attanaglia il paese. L’ultimo conflitto, in ordine di tempo, ha
riguardato l’utilizzo della bandiera seclera. Il prefetto romeno di Covasna ha
infatti vietato nel 2012 l’utilizzo dello stemma sugli istituti pubblici.
Questa presa di posizione ha provocato manifestazioni e proteste che non hanno
fatto altro che diffondere questo simbolo fra una comunità ancora “fredda” nel
suo utilizzo. Così, oggi, in ogni villaggio o città Székely che si rispetti si
trovano bandiere sicule che sventolano su case private o nelle piazze
pubbliche.
La questione dei simboli,
seppur sentita con forza da una parte importante della popolazione, non può
però nascondere quelle che sono le priorità principali di queste terre. Queste
contee, esterne ai progetti di sviluppo di infrastrutture del governo romeno,
hanno una costante difficoltà economica che si ripercuote in salari molto bassi
(fra i più bassi della Romania) ed in un’elevata emigrazione verso gli altri
paesi dell’UE. Lo sviluppo economico e sociale sono i grandi problemi che la
società Székely è chiamata ad affrontare nell’immediato futuro, problemi che
per la classe politica locale possono essere risolti solamente grazie
all’autonomia, strumento che può portare ad un rinnovato attivismo in campo
economico.
Negli ultimi anni si è
assistito ad una ridefinizione dell’ “essere Székely” che ha acceso dibattiti
interni e conflitti con il potere statale romeno. Tre sono stati i fattori, a
mio modo di vedere, determinanti in questa “rinascita identitaria”:
l’isolamento di queste contee, vere e proprie “terre di indigeni”; la tensione
dei rapporti con Bucareşt e la perdita di fiducia nei rapporti con l’Ungheria;
il processo di adesione all’UE. Il rafforzamento dell’identità dei Siculi di
Transilvania rende evidente come la globalizzazione e il XXI° secolo non si
apprestano, come ipotizzato da molti, a cancellare il particolarismo delle
diverse comunità nazionali, ma anzi, in alcuni casi, facilitano il
rafforzamento di identità territoriali locali, che non disdegnano di
considerarsi vere e proprie Nazioni.
Postilla.
La
rivista periodica Most fornisce
analisi e reportage su Europa centro-orientale e balcanica, Caucaso e Medio Oriente.
Nasce da un progetto dell’omonima associazione, formata da membri di East Journal, giornale libero online
nato nel 2010 per raccontare la “nuova” Europa.
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