“Mai
come oggi – bisogna fare i conti con Tarr Béla. Il suo itinerario
sofferto, dall'esordio alla fine degli anni Settanta fino al
definitivo Il cavallo di Torino (A
torinói ló, 2011), si presenta
compatto come una delle prove più possenti, cristalline e radicali
che la storia del cinema abbia conosciuto. Lontano dai favori del
pubblico, strozzato dalle leggi mercantiliste dell'industria e
costretto a occupare le oasi di una cinefilia oltranzista, negli
ultimi anni Tarr è divenuto oggetto di un’attenzione nuova, meno
sporadica e forse più cultuale di quella finora riservatagli, i cui
frutti si riscontrano persino in una certa popolarità, come
testimonia il fiorire di retrospettive, interventi e saggi anche in
Italia.”
Così
Giuseppe Fidotta (www.filmidee.it)
ci introduce all’arte del regista e sceneggiatore ungherese Tarr
Béla, nato a Pécs il 21 luglio di 60 anni fa, i cui film raramente
sono stati proiettati in Italia.
Una
riscoperta tanto più necessaria in quanto Tarr (uno di più
importanti registi degli ultimi trent’anni), dopo essere stato
premiato al Festival di Berlino con l’Orso
d’argento
nel 2011, ha annunciato la fine della sua carriera di regista
(iniziata nel 1978, con Hotel
Magnesit).
Dal
2012 si dedica alla sua scuola di cinema, Film
factory, a Sarajevo (Bosnia ed
Erzegovina) per promuovere la cinematografia indipendente. Una scelta
coraggiosa e radicale, che sembra realizzare l’utopia di tenere
insieme etica ed estetica. Una scelta ottimistica di speranza, che
sorprende in chi – con realismo cupo e visionario – ha
rappresentato nelle sue opere una umanità prossima alla fine.
È
di pochi mesi fa il primo libro in Italia sull’opera di Tarr:
Armonie contro il giorno. Il cinema
di Béla Tarr di Marco Grosoli
(bébert, 2014): una biografia di Tarr e un’analisi dettagliata dei
suoi film.
Più
recente la pubblicazione di un libro del filosofo francese Jaques
Rancière: Béla Tarr. Il tempo del
dopo (trad.
Ilaria Floreano, Bietti, 2015).
Ancor
prima è uscito un DVD antologico – Béla
Tarr Collection (Eye Division,
Cecchi Gori Hme Video) – di alcuni suoi film: il suo testamento
artistico, Le armonie di
Werckmeister (Werckmeister
hármoniák, 2000), tratto dal
romanzo“Melancolia della resistenza” di Krasznahorkai László;
Nido familiare
(Családi tűzfészek,
1977); Perdizione
(Kárhozat,
1988); il kolossal L’uomo di Londra
(A londoni férfi,
2007), tratto da un romanzo di Georges Simenon; Il
cavallo di Torino (A
torinói ló, 2011), il suo ultimo
film; non manca Satantango
(Sátántángó,
1994), quasi 8 ore di lungometraggio.
A gennaio 2014, invece,
la cineteca di Bologna aveva promosso una rassegna dedicata
all’esteta del piano sequenza, “Omaggio a Béla Tarr”.
Infine, da non
dimenticare il gruppo di attori e tecnici che ha seguito a lungo
Tarr: dalla coautrice e coregista di tutti i suoi film, Hranitzky
Ágnes; agli attori Derzsi János e Bok Erika; al direttore della
fotografia, Kelemen Fred;al creatore delle musiche dei film, Víg
Mihály.
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