“Spiritualità corporale” è l'ossimoro
che mi suggerisce la lettura delle poesie di Borsányi Katinka, dense di
religiosità.
Ma, una seconda lettura rivela un
codice di rappresentazione che trascende la forma assunta dal suo linguaggio
poetico. La figura simbolica di un Dio maschio appare come il centro di gravità
che consente di sfuggire alla forza centrifuga della caducità umana, espressa
dalla fragilità dell'uomo (anzi, in questo caso, della donna) e dal suo
insondabile inconscio.
Un vitale sentimento di mistico eroismo, venato dalla malinconia per le proprie radici: questo percepisco nei versi di Borsányi, che - anche se non appartengono alle mie corde – mi comunicano qualcosa di condiviso.
Un vitale sentimento di mistico eroismo, venato dalla malinconia per le proprie radici: questo percepisco nei versi di Borsányi, che - anche se non appartengono alle mie corde – mi comunicano qualcosa di condiviso.
Ma chi è Borsányi Katinka?
L'ho conosciuta alla commemorazione
del 15 marzo ungherese (la rivoluzione del 1848). A Milano, il console Manno
István e la parlamantare ungherese Ékes Ilidiko hanno ricordato gli ideali di
libertà, che affratellarono italiani e ungheresi. Poi hanno dato prestigiosi
riconoscimenti all'avvocato Giovanni Bana e al regista Gilberto Martinelli. Ma
prima hanno dato spazio a Borsányi Katinka che, con un'interpretazione piena di
pathos, ha letto alcune poesie. È stato naturale per me darle una copia del mio
libro di proverbi ungheresi. Pochi giorni dopo mi ha spedito il suo primo libro
di poesie: Grembo di luce (Albatros Il Filo, 2011), che commento sopra.
Ho poi scoperto che Borsányi - nata
nel '75 a Budapest, laureata in italianistica e studiosa di magiaristica - da
quindici anni vive in Italia ed è una promotrice culturale della lingua e della
cultura ungheresi in Italia. In ciò la sento vicina, poiché - pur con molta
meno competenza - da un anno mi cimento nel ruolo di “mediatore culturale” tra
italiani e ungheresi.
Nel 2009 Borsányi ha anche scritto,
in ungherese, una sorta di diario sulla sua esperienza italiana, Venétföldi
levelek (lettere della terra veneta).
Raramente scrittori o poeti rendono
giustizia alle loro opere nella lettura. Invece, Katinka ha rivelato doti
interpetative fuori dal comune; mi auguro che il suo messaggio appassionato
raggiunga, con la parola scritta ma anche con quella declamata, un pubblico più
vasto.
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