Nehéz a szívet
megcsalni (difficile ingannare il cuore). Equivalente italiano (più drastico): il cuore non sbaglia. Sembra una frase da cioccolatini o da
canzonette (“la mente mente, il cuore non mente mai”). Eppure rinvia a
riflessioni più profonde sulla natura di emozioni (érzelmek) e sentimenti (érzések).
Cuore (ungh. szív)
– contrapposto a mente (ungh. elme),
che si richiama alla ragione – naturalmente è metafora universale per quel
sentimento che si chiama “amore” (ungh. szerelem),
parola concettualmente complessa e ambigua.
Complessa perché l’amore non è un’emozione primaria – come paura,
rabbia, gioia, tristezza, disgusto,
sorpresa (in ungherese: félelem, düh, öröm, bánat, csömör, meglepetés) –
bensì è un insieme di più sentimenti “a geometria variabile”.
Ambigua perché ne esistono varie specie, anche
“patologiche”: dal narcisismo all’amore altruistico, dall’amore platonico alla
passione carnale, dalle affinità elettive all’amicizia amorosa (ne hanno
scritto in tanti: Austen, Baudelaire, Fromm, La Rochefoucauld, Leopardi,
Pascal, Stendhal ecc.).
Ebbene, ci sono sentimenti
ingannevoli, fino all’autoinganno. Ad esempio l’orgoglio, come rilevò
Nietzsche: “’Io ho fatto questo’ dice la memoria. ‘Io non posso aver fatto
questo’, dice il mio orgoglio e resta irremovibile. Alla fine è la memoria ad
arrendersi”.
Ci sono altri sentimenti, come quel
forte sentimento di affetto per qualcuno che si chiama “amore”, che non ingannano
(perlomeno se stessi).
Purtroppo pare molto difficile
apprendere a connettere cuore e mente. Difficile mantenere costantemente
autocontrollo e consapevolezza di sé e degli altri, necessari per una socialità
ricca e creativa. Tale insufficiente competenza emotiva (capacità di
riconoscere e gestire le emozioni) produce comportamenti – in particolare tra i più giovani – che
soggiacciono all’impulsività e al nervosismo (quando non alla violenza, fisica
o verbale). Ciò avviene perché si è fatta insufficiente esperienza di
soddisfacenti rapporti interpersonali, e perché non vengono appresi concetti e
parole capaci di decifrare il mondo in cui viviamo.
Ci dà un consiglio Umberto
Galimberti, secondo cui “l’educazione della mente e del cuore avviene con la frequentazione
appassionata di tutti i sentieri che la vita dischiude e che la buona lettura
sa indicare e descrivere” (D
supplemento de la Repubblica, 15
dicembre 2013). Dunque, leggere buoni libri aiuta a vivere.
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