Venticinque anni fa cadeva il muro di
Berlino, cioè simbolicamente svaniva la “cortina di ferro”
(ungh. Vasfüggöny) che
divideva l’Europa in due blocchi contrapposti dopo la seconda
guerra mondiale.
In realtà l’apertura delle frontiere
Est/Ovest (che erano insuperabili per quasi tutti i cittadini)
avvenne 77 giorni prima. Infatti, il 23 agosto l’Ungheria aprì le
proprie frontiere con l’Austria, permettendo ai tedeschi dell’Est
di espatriare all’Ovest (più di 13 mila ne approfittarono); già in aprile se n'erano andati i soldati sovietici.
Però la data simbolo è considerata il
9 novembre, quando decine di migliaia di tedeschi dell’est si
ammassarono ai checkpoints per entrare a Berlino Ovest e scoprire lo
shopping o godersi aria libera. Cos’era successo? Da qualche
settimana erano in corso dimostrazioni di massa contro il governo
socialista della Repubblica Democratica di Germania (DDR). Il 18
ottobre il leader, Erich Honecker, si dimise, sostituito da Egon
Krenz. Il nuovo governo decise di permettere ai cittadini di viaggiare
ad ovest, nella Repubblica Federale Tedesca (RDT). Il relativo
decreto sarebbe stato approvato in qualche giorno, dando tempo alle
guardie di confine di prepararsi. Invece, il ministro della
propaganda, Gunter Schabowski, che era in vacanza e non conosceva i
dettagli, fece una conferenza stampa dando l’evento per immediato.
Questo annuncio, dato in televisione, fece riversare in strada
migliaia di berlinesi dell’est (Ossie), le guardie prese
alla sprovvista li fecero passare senza controlli, e i berlinesi
dell’ovest li accolsero festosamente. Nei giorni successivi molte
persone (poi chiamate Mauerspechte) cominciarono
spontaneamente a demolire il muro, un souvenir e un odioso simbolo da
abbattere.
Il 18 marzo 1990 si tennero le prime
elezioni libere nella DDR e la Germania, divisa dopo la guerra in DDR
e RFT e appartenenti ciascuna a uno dei due blocchi (socialista e
capitalista), fu ufficialmente riunificata il 3 ottobre 1990.
Questo evento parve avvicinare
l’obiettivo di un mercato unico europeo: per evitare il dominio di
una Germania unificata, Mitterand e Kohl decisero la costruzione
dell’euro, bruciando le tappe e senza aver completato
l’unificazione politica in seno all’UE.
Anche in Ungheria la transizione a un
sistema democratico fu veloce. Già nel 1988, dopo 32 anni di potere,
era caduto Kádár (nonostante il suo fosse considerato il più
interessante tentativo di “riforma” all’Est). Nell’89
decisive modifiche furono apportate alla Costituzione del 1949. Il 25
marzo 1990 si svolsero le prime elezioni democratiche: si insediò un
governo di centro-destra, guidato da Antall József, e Göncz Árpád
venne eletto presidente della Repubblica.
Dunque il blocco sovietico (URSS e
paesi “satelliti”), che sembrava immutabile, si sgretolò
dall’interno. Inutile il tentativo di riformare il sistema
socialista, ibridizzando l’economia centralizzata con il mercato,
tentato da Gorbacev tra il 1985 e il 1991. Però la prestrojka
(ricostruzione) e la glasnost (trasparenza) liberarono il
pensiero critico che finalmente poté denunciare l'illibertà del
sistema.
Le premesse c’erano già un decennio
prima: la rivincita del liberismo col thatcherismo e la reaganomics,
i colpi al bipolarismo inferti dalla rivoluzione iraniana e dalla
rottura della Cina con l’Urss, la fallimentare invasione sovietica
dell’Afghanistan. Tale fase nuova era anche la risposta agli anni –
tra fine anni ’60 e inizio anni ’70 – della contestazione
studentesca e delle lotte operaie, che svilupparono una forte spinta
al cambiamento, dopo che il boom economico (e demografico) del
dopoguerra aveva deluso le grandi aspettative di un benessere
diffuso.
Venticinque anni fa l’Europa
cambiava. Si pensò che il mondo fosse ormai pacificato (con la fine
delle ideologie, la “fine della storia”). Un nuovo equilibrio
sembrava raggiunto nel Vecchio Continente, dopo l’ordine di Yalta
(ma, secondo Kissinger – nel suo libro Worl Order – si
spezzò il modello di equilibrio uscito dalla Pace di Westfalia nel
1648). Invece, oggi il disordine rischia di prevalere, vecchie e
forse più pericolose ideologie si sono riaffacciate nel mondo, altri
muri anziché ponti.
Insomma, il mondo è in cerca di un
nuovo assetto (secondo Papa Francesco è in atto una “terza
guerra mondiale combattuta a pezzi”). La democrazia (almeno sul
piano formale) si è espansa (prima dell’89 gli Stati basati su
elezioni democratiche erano 40, un terzo della popolazione mondiale,
oggi sono 120, due terzi degli abitanti della Terra), ma ansima sotto
i colpi di una globalizzazione che non contempla i popoli e non
sopporta i diritti dei cittadini.
L'Europa economica appare declinare
inesorabilmente, quella politica non prende forma compiuta. Il
Vecchio Continente non è più, nemmeno in alleanza con gli Usa, il
motore del mondo. Ma ne può essere una delle fondamentali memorie
culturali.
Nessun commento:
Posta un commento