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Juhász Zsuzsanna (l'altro sono io) |
Lo scorso week-end (nonostante un imprevisto stop all’ospedale),
con amici ungheresi, ho visitato la rassegna Kaleidoscopio Italia, organizzata a Budapest dall’Istituto Italiano di Cultura (IIC).
Oltre 100 espositori, decine di spettacoli (film, musica) e,
soprattutto, molti visitatori hanno decretato il successo di questa iniziativa,
dopo il primo timido tentativo dello scorso anno.
In Ungheria ci sono oltre 2.700 aziende italiane che occupano
migliaia di lavoratori ungheresi. Nonostante la crisi che accomuna i due Paesi,
ci sono molte opportunità di espandere gli scambi commerciali.
Inoltre, l’attrazione per l’Italia e le sue qualità (moda,
design, enogastronomia, arte e cultura) è forte: oltre 100mila ungheresi parlano
l’italiano, insegnato in circa 250 scuole. Il flusso turistico di circa 1
milione di persone l’anno può essere incrementato.
Ben vengano iniziative come questa che offrono un “assaggio”
dell’Italia a potenziali turisti, clienti, investitori.
Io ho trovato diverse occasioni di scambio, mentre
promuovevo il
mio libro.
Ho incontrato la redattrice di Economia.hu, Claudia Leporatti, che svolge un lavoro pionieristico
nella capitale magiara.
Ho avuto il grande piacere di conoscere Juhász Zsuzsanna,
autrice di vari libri in italiano per ungheresi e, soprattutto, coautrice dei
due grandi vocabolari italiano/ungherese e ungherese/italiano editi da Akadémiai. Ha chiesto una dedica sulla
mia raccolta di proverbi, ma sono orgoglioso della sua dedica su uno dei suoi libri
(Italiano economico, Holnap 2009).
Dunque tutto bene? Qualche lacuna c’è stata (del resto la
prestigiosa sede dell’IIC ha spazi limitati) e qualche suggerimento si può dare.
I miei amici ungheresi, che si aspettavano un minimo di
rassegna enogastronomica, sono rimasti delusi. C’era solo un limitato catalogo
di vini (di un distributore privato) e due tavoli di presentazione con prezzi poco
abbordabili (in Ungheria costo della vita e stipendi sono inferiori alla metà
di quelli italiani).
I brand italiani
sono conosciuti ma non sempre abbinati ai relativi prodotti. Per esempio, mi è sembrato
che tra gli ungheresi la Ferrero sia
poco conosciuta e, soprattutto, ad essa non vengono associati i suoi prodotti:
Kinder e Nutella vengono scambiati per prodotti tedeschi, Mon Cheri per
francese e Pocket Coffee per inglese.
Insomma, mancavano - oltre a una cartella stampa - degli
opuscoli illustrativi sul “made in Italy” e sulle bellezze italiche. C’erano
solo: un catalogo della mostra di Carla Accardi (al Museo delle Belle Arti di
Budapest nell’estate scorsa); un libretto in ungherese sulla cucina italiana
(dell’Istituto del Commercio Estero); una presentazione bilingue degli artisti
italiani presenti nel Museo delle Belle Arti. Pochino, manca troppa Italia!
Credo che il Ministero degli Esteri italiano, nonché l’Ambasciata, abbiano il
dovere di dotarsi di materiale divulgativo da distribuire ai tanti curiosi e
appassionati della “dolce vita” italiana.
Prosegue intanto l’anno
culturale italo-ungherese 2013, con ancora decine di iniziative promosse
dall’IIC: mostre, concerti, incontri letterari, convegni e seminari. Segnalo in
particolare le mostre “Maestri del design italiano” (Museo delle Arti
Applicate, fino al 24 novembre) e quella dedicata a Silvio Monti (al Museo
nazionale fino al 14 gennaio ’14).